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Allarme derivati: ci sono 80mila miliardi di dollari di debiti nascosti

Swap, futures, opzioni, forward. La famiglia dei derivati è molto numerosa, così come grande è la loro utilità per gli operatori finanziari. Talvolta vengono usati per motivi speculativi, ma in realtà servono sopratutto per proteggersi dai rischi (copertura) o per fare arbitraggio (si compra su un mercato per vendere su un altro, sfruttando le differenze di prezzo).

Diventati famosi con la crisi dei mutui subprime, negli ultimi anni i derivati hanno perso il loro potere di acchiappo sulle prime pagine dei giornali. Eppure non sono affatto scomparsi. Anzi, come rilevano alcune recenti analisi della Banca dei regolamenti internazionali, non solo dalla fine del 2016 si registra “un trend crescente” del valore di tali strumenti, ma i rischi che comportano non sono da sottovalutare.

 

Alla vaniglia o esotici: cosa sono i derivati?

Facciamo un passo indietro. Di cosa parliamo quando parliamo di derivati? Sono strumenti che replicano un “sottostante”, come un’indice azionario, una valuta o anche materie prime. In sostanza, “derivano” il loro valore da quello dell’asset a cui si riferiscono.

Sono, come forse già sapete, di diversi tipi: swap, futures, opzioni, ognuno con le proprie caratteristiche. Ne nascono di nuovi ogni giorno, con diversi profili finanziari e diversi gradi di sofisticazione.

  • In gergo, i tipi standard vengono detti “plain vanilla”.
  • I tipi più complessi, invece, sono detti “esotici”.

Tutto ciò precisato, torniamo agli studi della Bri.

 

Una montagna che continua a crescere

Le cifre in gioco sono enormi: alla fine di giugno 2022, il valore nozionale dei derivati scambiati sui mercati over the counter – le piazze finanziare non regolamentate – ha toccato i 632mila miliardi di dollari, pari a sei volte il Pil mondiale, in aumento rispetto ai 598mila miliardi di fine 2021. E dal 2007, prima che scoppiasse la crisi finanziaria, il valore dei derivati è cresciuto di 100mila miliardi di dollari.

 

 

Attenzione: per valore nozionale si intende il valore dell’attività finanziaria a cui si riferisce il contratto. Se si considera il valore lordo di mercato, la cifra si sgonfia a “solo” 18.300 miliardi di dollari. Insomma, la montagna di carta, ritenuta responsabile di tanti guai finanziari, continua a crescere.

 

Attenzione ai derivati sui cambi

Per questo di recente la Bri ha lanciato un allarme su un segmento specifico del variegato mondo dei derivati: quello del Forex. Nel mercato delle valute, i derivati ammontano a quasi 100mila miliardi di dollari (soprattutto swap e contratti forward) e in tutto il mondo si registrano scambi giornalieri per 7.500 miliardi.

Di questi, ad aprile ogni giorno erano esposte al rischio di mancato regolamento operazioni dal valore di ben 2.220 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 1.900 miliardi di aprile 2019. Insomma, quasi un terzo di tutte le operazioni sui cambi che si effettuano ogni giorno sono a rischio di inadempimento, dal momento che non sono assistite da nessun meccanismo di “mitigazione del rischio”.

Uno di questi meccanismi, che la Bri raccomanda di adottare, è il “payment versus payment”, con cui si prevede che, alla scadenza del contratto, gli scambi di denaro avvengano in modo simultaneo.

Spesso, però, questi accorgimenti non possono essere utilizzati, come dimostra il fatto che quasi un terzo dei derivati ne sia sguarnito. Un problema rilevante, secondo la Bri. “Il rischio di regolamento per il Forex, ovvero il rischio che una parte di una negoziazione di valute non riesca a consegnare quanto dovuto, può comportare perdite significative e minare la stabilità finanziaria”.

 

Ben 80mila miliardi dollari di debito nascosto

Ma c’è dell’altro negli approfondimenti pubblicati dalla Bri. L’attenzione dell’istituzione di Basilea si concentra sul crescente indebitamento in dollari sotto forma di swap di cambio, contratti a termine e swap di valute.

Il problema è che queste operazioni non sono contabilizzate nei bilanci delle banche e quindi non rientrano nelle statistiche ufficiali sul debito estero. Al momento, questi strumenti danno luogo a obbligazioni di pagamento future per oltre 80mila miliardi di dollari. Istituzioni non bancarie con sede fuori dagli Stati Uniti devono circa 25mila miliardi di dollari, cifra che sale a 35mila miliardi se si considerano soltanto le obbligazioni che fanno capo a banche non statunitensi.

Secondo i dati Bri, gran parte di questo debito è a brevissimo termine e, soprattutto in un contesto di rialzi dei tassi di interessi da parte della Fed come quello attuale, si potrebbero verificare dei problemi per il suo rifinanziamento.

Già, perché persino banche e istituzioni finanziarie si possono trovare in difficoltà di questi tempi. E allora chi vuole investire deve sempre ricordarsi di una cosa: prima di prendere una decisione, è sempre meglio parlarne con un consulente di fiducia. Proteggersi dai rischi è infatti la prima regola da seguire.

 


 

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