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Facebook, batosta in Borsa tra blackout e nuove accuse

Il 4 ottobre è stata una giornata da dimenticare per Facebook: da un lato le accuse di una ex dipendente, che ha consegnato ai legislatori e al Wall Street Journal numerosi documenti riservati sostenendo che l’azienda di Menlo Park mette i profitti prima della sicurezza dei suoi utenti; dall’altro il colossale “down” di tutte le piattaforme di Mark Zuckerberg.

Non solo Facebook, ma anche Instagram e Whatsapp sono rimaste inaccessibili per oltre sette ore, creando disservizi e perdite economiche enormi: l’agenzia Bloomberg stima che la perdita economica a livello mondiale sia stata di 160 milioni di dollari per ogni ora di interruzione della connessione digitale.

Risultato? Il titolo Facebook, quotato a Wall Street, ha perso il 4,9% in un giorno, chiudendo la seduta a 324,20 dollari.
 

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Una bella batosta se si pensa che, solo il 7 settembre, le azioni del gruppo venivano scambiate a 382 dollari. E, stando a Forbes, il patrimonio personale di Zuckerberg si sarebbe ridotto di 5,9 miliardi di dollari nel giro di 24 ore.

 

Cosa è successo

QIl blackout avvenuto il 4 ottobre sembra dovuto – almeno così risulta dalle prime ricostruzioni – a un problema interno e quindi non legato in alcun modo alle pesanti accuse piovute sulla società: in pratica, è come se Facebook avesse oscurato l’indirizzo con cui gli utenti potevano rintracciarlo online, il Dns (Domain name system).

Nell’era digitale e interconnessa in cui viviamo, le ripercussioni di un simile avvenimento non si sono limitate all’impossibilità, per gli utenti, di accedere ai loro social network preferiti.

Svariate imprese in tutto il mondo, abituate a ricevere gli ordinativi e a fare le consegne comunicando attraverso Facebook, si sono trovate spiazzate. Persone dotate di servizi di domotica, attivati tramite Facebook, si sono trovate a non poter aprire la porta di casa, accendere la tv o il calorifero. E milioni di utenti non sono riusciti ad accedere ai loro profili su siti di shopping online o di servizi web tutti abilitati tramite Facebook. Addirittura, i dipendenti di Facebook non sono riusciti per alcune ore ad accedere ai loro uffici, perché nel blackout sono finiti anche i sistemi di riconoscimento dei badge.

Alla fine, per ripristinare i server c’è voluto l’intervento manuale di un gruppo di tecnici inviati nel data center di Santa Clara, in California.

 

Il profitto prima della sicurezza?

La “tempesta perfetta” dei social di Zuckerberg – la più lunga interruzione del servizio dal marzo 2019 – è arrivata, come accennato, in concomitanza con un’indagine del Wall Street Journal, supportata dai documenti interni all’azienda forniti dalla ex dipendente di Facebook, Frances Haugen.

Stando alle ricostruzioni del quotidiano, il gruppo di Zuckerberg avrebbe condotto per anni delle ricerche interne sugli effetti negativi che i suoi social producono negli utenti senza mai intervenire in modo concreto per limitarli.

Per esempio, sostiene il Wall Street Journal, Facebook era consapevole che molti utenti adolescenti attribuissero la causa di pensieri suicidi direttamente a Instagram, ma non è intervenuta con azioni decise – a parte nascondere la funzione “like” dalla piattaforma.
 

 
Nel dettaglio, scrive Il Sole 24 Ore, i documenti consegnati da Haugen riguardano le politiche sulla moderazione dei contenuti all’interno del colosso tech, ma anche il trattamento diverso riservato ad account di personalità di alto profilo rispetto a quello destinato agli utenti comuni e, soprattutto, il tema dell’impatto psicologico che Instagram avrebbe sui giovani utenti.

Stando all’indagine, Facebook sarebbe intervenuta su una quota compresa tra il 3% e il 5% del totale di post di odio pubblicati sulla piattaforma e su meno dell’1% dei contenuti classificati come “incitamento alla violenza”.

La stessa Haugen – che martedì 5 ottobre parla al Senato nell’ambito di un’audizione sulla protezione dei giovani online – ha spiegato a una seguitissima trasmissione su Cbs la ragione per cui ha deciso di diffondere i documenti: “la versione di Facebook che esiste oggi sta distruggendo la società e causando violenza etnica in tutto il mondo”.

 

La versione di Facebook

Facebook ha prontamente risposto alle accuse, spiegando, tramite un portavoce, che “ogni giorno i nostri team devono trovare un equilibrio tra garantire la libertà di espressione di miliardi di persone e mantenere la nostra piattaforma un luogo sicuro e positivo. Continuiamo ad apportare miglioramenti significativi per contrastare la diffusione della disinformazione e dei contenuti dannosi. Affermare che incoraggiamo la diffusione di questi contenuti e che non prendiamo provvedimenti è semplicemente falso”.

Parola di algoritmo.

 


 

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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