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HomeECONOMIA E MERCATIECONOMIA, POLITICA E SOCIETA'I titoli di Stato italiani hanno (di nuovo) il vento a favore: come mai?

I titoli di Stato italiani hanno (di nuovo) il vento a favore: come mai?

Una rinnovata fiducia anima quello che da tempo è visto come uno dei mercati obbligazionari più rischiosi dell’area euro. Questa tendenza potrebbe agevolare la gestione del debito pubblico italiano, tra i più ingenti in Europa, riducendo l’impatto della decisione da parte della Banca Centrale Europea di rivedere al ribasso i suoi acquisti di obbligazioni.

Secondo i dati di Bankitalia, le disponibilità straniere di titoli di Stato italiani sono aumentate a febbraio dopo 10 mesi consecutivi di calo. Inoltre, ad aprile il valore degli investimenti “contro” (ovvero degli investitori scettici verso la tenuta del debito) i titoli italiani è sceso di circa il 40%, a 27 miliardi di dollari, dal picco di metà novembre a quota 46 miliardi, secondo i dati di S&P Global Market Intelligence.

 

I motivi del vento a favore

Gli analisti hanno ricondotto questo scenario a una crescita economica più solida del previsto, a un debito pubblico in calo e alla prospettiva di stabilità politica durante il governo presieduto da Giorgia Meloni, in carica da sette mesi. Questi elementi stanno iniziando ad attirare verso il mercato obbligazionario italiano gli investitori stranieri, la cui domanda si è dimostrata resistente anche durante le recenti turbolenze bancarie che hanno scosso i mercati mondiali.

C’è però molto terreno perso da recuperare. La quota del debito pubblico italiano detenuta da investitori stranieri è scesa a meno del 20% alla fine del 2022, da circa il 50% precedente alla crisi del 2008, secondo i dati della Banca d’Italia. La crisi dei debiti sovrani della zona euro del 2012 e la pandemia hanno poi contribuito a generare grossi cali.

Al momento, però, il livello dei rendimenti offerti in Italia rende difficile per le banche e i fondi stranieri ignorare il nostro mercato. Il rendimento dei Btp decennali italiani è salito da un minimo storico dello 0,4% nel febbraio 2021 a circa il 4,2% in seguito al massiccio rialzo dei tassi operato dalla Banca Centrale Europea a partire dallo scorso luglio.

I rendimenti a 10 anni sono quasi doppi rispetto a quelli dei titoli tedeschi e circa 70 punti base sopra i rendimenti statunitensi di riferimento.

 

L’Italia appare in crescita

La crescita economica in Italia, tradizionalmente indietro in Europa, dalla fine della pandemia sta battendo le aspettative, con un Prodotto interno lordo in espansione del 3,7% lo scorso anno dopo il 7% del 2021. All’inizio questo tipo di crescita sembrava un rimbalzo post-pandemia non sostenibile nei mesi a seguire, ma le sorprese positive sono continuate anche nel primo trimestre 2023, quando il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti.

In aprile, poi, il Tesoro ha aumentato le previsioni per l’intero anno all’1% dallo 0,6%.

La nuova tendenza sul mercato obbligazionario è iniziata proprio ad aprile, grazie alla percezione degli investitori che le banche centrali globali avrebbero aumentato i tassi in modo meno aggressivo dopo la crisi bancaria negli Stati Uniti. Con questi flussi, l’Italia ha già soddisfatto il proprio fabbisogno finanziario netto per quest’anno, ben prima di Germania, Francia e Spagna.

 

 
Sul fronte politico, il governo Meloni, entrato in carica a ottobre, ha evitato finora lo scontro con l’Unione Europea atteso da alcuni analisti, impegnandosi a tenere sotto controllo il deficit di bilancio e il debito pubblico. Gli esperti osservano come gli hedge fund che l’anno scorso avevano probabilmente speculato contro l’Italia ora hanno chiuso le loro posizioni.

Anche il calo del rapporto debito pubblico/Pil italiano, sceso al 144,6% lo scorso anno, con una flessione di cinque punti percentuali rispetto all’anno precedente e di 10 punti rispetto al 2020, ha deposto a favore delle “good vibes” dei mercati sostenendo il sentiment.

Meloni punta a un calo al 141,4% quest’anno. Del resto, la tendenza al ribasso è stata favorita dall’impennata dell’inflazione, che aumenta le entrate e il Pil nominale e quindi riduce proporzionalmente il rapporto debito/Pil.

 

Le sfide per il futuro

Il quadro però non è ancora esente da preoccupazioni. Il rialzo dei tassi aumenta i costi dei prestiti per le aziende e per lo Stato, e il governo sta lottando per rispettare gli impegni presi con la Commissione Europea sul Pnrr. Tuttavia, secondo gli analisti queste difficoltà non sono sufficienti a minare la promettente tendenza sulle finanze pubbliche o a danneggiare la fiducia degli investitori.

Fitch Ratings, che di recente ha tagliato il rating della Francia, qualche settimana fa ha confermato il rating dell’Italia a BBB con prospettive stabili, aumentando al contempo le previsioni di crescita del Pil italiano per quest’anno all’1,2% dallo 0,5%, al di sopra delle stime dello stesso governo.

Il Tesoro italiano ha già preso provvedimenti per sostenere la domanda di titoli di Stato in seguito al ritiro della Bce, incoraggiando gli acquisti da parte di famiglie e imprese nazionali con emissioni indicizzate all’inflazione, come il prossimo Btp Valore. Secondo UniCredit, le famiglie e le imprese italiane detengono circa 215 miliardi di euro, pari al 9% del debito pubblico, il livello più alto da metà 2015.

 

Converrà seguire l’onda?

Sempre con grande buon senso e con la consulenza degli esperti in investimenti, e soprattutto senza perdere mai di vista l’importanza di un’adeguata diversificazione, tarata sul proprio profilo e sui propri obiettivi e bisogni.

Un esempio molto concreto: decidete di vendere la seconda casa e dalla vendita incassate 80mila euro. C’è un tizio che vi consiglia di investirli tutti – ma proprio tutti – nel tal prodotto perché è molto interessante. Voi che fate? Ve lo diciamo noi: rispondete “no, grazie”.

L’occasione sarà pure interessante – e nello specifico il Btp Valore, così come il Btp Italia o Futura, presenta vari spunti da non trascurare assolutamente, a cominciare dall’indicizzazione all’inflazione, soprattutto se vi aspettate che il carovita ci farà compagnia ancora per un po’, com’è probabile – ma le vostre “fiche” vanno sempre distribuite con oculatezza e molto buon senso su diversi numeri e mai su uno solo.

Quali numeri? Dipende appunto da chi siete, da cosa fate, da quale propensione al rischio avete, dal vostro orizzonte d’investimento e dai vostri bisogni. Un bravo consulente finanziario sa interrogarvi su questo e consigliarvi di conseguenza.

 


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