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Investimenti, torna in voga il rendimento (a scapito della sostenibilità)

Dopo l’ottimismo mostrato nell’autunno dello scorso anno, tra gli italiani è tornato a far capolino un certo pessimismo circa il futuro economico del Paese. E complice il calo della capacità di risparmio, sembrano preferire il rendimento alla sostenibilità. Che nel suo acronimo ESG risulta ancora inaccessibile ai più.

Secondo la nuova edizione dell’Osservatorio semestrale realizzato da Anima Sgr in collaborazione con la società di ricerche di mercato Eumetra, sono diversi i fattori che hanno contribuito all’incremento del pessimismo a proposito dell’economia italiana.

Rispetto a un anno fa, la situazione è peggiorata secondo il 71% dei bancarizzati (possessori di un conto corrente/libretto bancario/postale) e il 66% degli investitori: a marzo queste percentuali erano, rispettivamente, del 54% e del 46%. Per il 63% dei bancarizzati e secondo il 56% degli investitori, tra un anno la situazione economica dell’Italia sarà peggiore (a marzo queste quote si attestavano al 48% e al 40%).

 

Un maggior pessimismo serpeggia tra gli italiani

Ma la percezione sui rischi considerati più gravi continua a cambiare. In testa spicca il rischio di un aumento dei costi delle materie prime e quindi delle bollette, che a settembre preoccupavano il 45% dei bancarizzati e il 43% degli investitori, contro il 31% – per entrambe le categorie – di marzo.

Scende invece il numero di chi annovera le guerre fra i pericoli maggiori: oggi il 30% dei bancarizzati e il 29% degli investitori ritiene la minaccia bellica una fonte di preoccupazione, in calo rispetto al 53% e al 51% di marzo, quando l’invasione russa dell’Ucraina era ancora notizia fresca.

Si contrae ulteriormente il numero di chi include fra i fattori di rischio più importanti le pandemie, oggi preoccupanti per il 20% dei bancarizzati (a marzo erano il 30%) e il 20% degli investitori (a marzo costituivano il 32%).

Disoccupazione e recessione preoccupano il 36% dei bancarizzati (a marzo erano il 35%) e il 33% degli investitori (il 28% a marzo). Guadagna qualche posizione il cambiamento climatico, che rappresenta un rischio per il 26% dei bancarizzati e per il 25% degli investitori, rispetto al 21% e al 23% dell’ultima rilevazione.

In netta crescita la percentuale di chi teme l’inflazione: dal 24% al 34% per i bancarizzati e dal 25% al 36% per gli investitori.

 

 

Risparmio e investimenti: prevale la prudenza verso il futuro

Meno cupa la percezione circa la propria situazione finanziaria personale. Il che non significa che gli intervistati trabocchino di ottimismo. Anzi. L’atteggiamento verso il futuro resta infatti improntato alla prudenza.

Si fanno meno progetti e laddove se ne fanno sono per lo più progetti di consumo e risparmio. Peraltro, il dato sulla capacità di risparmio è ai minimi dall’aprile del 2020: a settembre soltanto il 50% dei bancarizzati e il 68% degli investitori riusciva a risparmiare con costanza parte del proprio reddito.

In linea con questo quadro, spiccano tre informazioni interessanti:

  • il calo del numero di quanti investirebbero in prodotti finanziari (il 51% dei bancarizzati e il 68% degli investitori);
  • la stabilizzazione di chi preferisce gli immobili (il 40% dei bancarizzati e il 41% degli investitori);
  • la flessione del numero di chi punterebbe sulla liquidità (il 19% dei bancarizzati e il 17% degli investitori).

Neanche la “sicura” – si fa per dire – liquidità? No, nemmeno quella. Perché appare in aumento il numero di chi dichiara di non avere proprio soldi da investire: dal 13% di marzo al 17% attuale fra i bancarizzati, e dal 5% al 7% fra gli investitori.

 

Le difficoltà lasciano poco spazio alla sostenibilità

Le difficoltà della situazione economica attuale si fanno sentire anche in tema di sostenibilità. In aumento la percentuale di chi ritiene “per niente” o “poco” importante prendere decisioni di consumo sostenibili e la quota di chi si dichiara in qualche misura favorevole a sospendere, seppur temporaneamente, i limiti alle emissioni, se ciò può servire a contenere i rincari.

Anche perché, concettualmente, la sostenibilità appare ancora non troppo accessibile: l’85% dei bancarizzati e il 78% degli investitori non conosce il significato di Esg, mentre il 71% dei bancarizzati e il 63% degli investitori non sa dare la corretta definizione di “greenwashing”.

 

 

In rialzo il numero di chi preferisce il rendimento alla sostenibilità. E tuttavia, il 50% dei bancarizzati e il 61% degli investitori vorrebbe beneficiare di una consulenza in materia di investimenti sostenibili. I margini per un recupero, quindi, non mancano.

 


 

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