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Investire in Iran: quali conseguenze ha l’accordo sul nucleare per l’economia?

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L’accordo sul nucleare iraniano è stato accolto con favore a livello internazionale. Non solo dai pacifisti, ma anche da economisti e uomini d’affari. Perché? Quali prospettive apre per il paese?

Concentriamoci sulle “conseguenze economiche della pace” sul nucleare iraniano con l’aiuto della ricerca “Iran after the deal: the road ahead” dell’ISPI (Istituto Studi di Politica Internazionale).

L’accordo sul nucleare iraniano

L’accordo tra l’Iran e il gruppo dei P5+1 (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania) è stato siglato nella notte 13 luglio 2015 e annunciato al mondo via Twitter la mattina successiva.

L’accordo prevede:

  • limitazioni al programma nucleare dell’Iran, che dovrà tagliare le scorte di uranio arricchito del 98%, sospendere l’arricchimento dell’uranio al di sopra del 3,67% per 15 anni e ridurre di due terzi le centrifughe; con questi provvedimenti, all’Iran servirebbe un anno per produrre il materiale per una bomba atomica;
  • la revoca delle sanzioni occidentali verso l’Iran dalla prima metà del 2016. L’embargo sulle armi resterà in vigore per altri 5 anni e sarà gradualmente ridotto;
  • ispezioni da parte dell’AIEA ai siti nucleari iraniani per verificare il rispetto degli impegni presi; in caso di una loro violazione, saranno ripristinate le sanzioni occidentali nell’arco di 65 giorni.

L’economia dell’Iran

Come mostra il grafico sotto, il PIL dell’Iran è sempre stato altalenante a causa, nell’ordine, della Rivoluzione Islamica del 1979, della guerra contro l’Iraq e delle sanzioni internazionali per il nucleare. Solo quest’anno la crescita del Paese è stata positiva: +1%.       crescita_pil_iran_1970-2015 Dalla metà del 2013, la stagnazione (con un PIL in contrazione del 6%) è stata accompagnata da un’inflazione al 44%, inaugurando così un periodo di stagflazione. Hanno pesato sulla situazione economica dell’Iran tre fattori:

  1. le sanzioni internazionali per gli esperimenti nucleari;
  2. l’aumento del prezzo delle commodities;
  3. i sussidi erogati dal governo, che hanno contribuito ad aumentare il denaro in circolazione e quindi anche l’inflazione.

La notizia buona è che il tasso di disoccupazione invece è migliorato. Quella cattiva è che i progressi sono dovuti più a furbe “politiche linguistiche” che a sensate politiche del lavoro: la definizione di occupati è stata estesa “a tutti gli individui sopra i 10 anni che hanno lavorato almeno un’ora a settimana o hanno lasciato temporaneamente il lavoro”.

La rimozione delle sanzioni verso l’Iran a seguito dell’accordo sul nucleare iraniano porterà dei benefici per l’economia del Paese. Nel breve periodo, gli asset iraniani congelati all’estero per le sanzioni saranno sbloccati e il petrolio iraniano tornerà a essere prodotto ed esportato nei mercati globali. Il Paese farà però fatica a riguadagnarsi la sua quota di mercato del periodo pre-sanzioni. Nel lungo periodo, torneranno anche gli investitori stranieri. Ma la rimozione delle sanzioni non cancella i problemi strutturali di cui soffre l’economia iraniana.

I mali dell’economia iraniana

La classifica “Doing Business 2015” del World Economic Forum colloca l’Iran al 130mo posto su 189 paesi. Il problema non sono solo le sanzioni, ma anche la burocrazia. Due numeri su tutti:

  1. per aprire un’impresa nel Paese occorrono 62 giorni;
  2. per ottenere i permessi di costruzione ne servono addirittura 172.

A ciò si aggiunge la politicizzazione delle imprese, per cui si favoriscono le aziende vicine al partito di governo e gli investimenti diretti esteri da parte di imprenditori affiliati o ex membri delle Guardie Rivoluzionarie.

La corruzione e la scarsa trasparenza sono un problema per l’economia nazionale, in particolare per il settore finanziario (e per quanto riguarda la seconda, Roma e Teheran non sono poi così lontane).

Altre difficoltà del settore finanziario riguardano le banche, con i bilanci pieni di crediti deteriorati (NPL), anche perché le politiche populiste del Governo Khomeini hanno costretto le banche pubbliche a concedere prestiti senza interesse a piccole imprese e individui a basso reddito; inoltre molti quick return projects si sono rivelati progetti che necessitano di un maggiore orizzonte temporale per ripagare l’investimento iniziale da parte dei finanziatori. Insomma, anche senza sanzioni, all’Iran restano da attuare serie riforme per migliorare le sue prospettive economiche.

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