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Investire fuori dall’Italia paga: come uscire dalla “comfort zone”

home country bias

Ciascuno di noi ha una propria comfort zone, ossia un ambito, un contesto, una zona in cui si trova estremamente a proprio agio.

Solo alcuni esempi: tendiamo a leggere lo stesso quotidiano, a fare la spesa nello stesso posto, a seguire sempre la stessa strada quando andiamo al lavoro, a investire tendenzialmente nello stesso modo. In estrema sintesi, ci piace stare comodi perché ogni cambiamento, per quanto piccolo possa essere, è comunque faticoso.

Ora faccio un esempio storico: quando anche in Italia sono stati introdotti i fondi comuni di investimento, è stato piuttosto faticoso farli accettare ai cosiddetti BOT people. Gli investitori erano abituati ai titoli di Stato e cambiare così radicalmente il loro approccio all’investimento non era facile. Alcuni ci hanno messo molto, molto tempo.

Il lato negativo è che di solito ci importa poco sapere se questa “zona” è davvero ottimale, la migliore possibile. E invece ci dovrebbe importare, soprattutto quando si parla di investimenti. Siamo così chiusi sulla nostra comfort zone che neppure pensiamo al fatto che ci possa essere qualcosa di diverso, come una “strada” più breve per andare a lavoro o trovare investimenti più convenienti: crediamo di stare bene. Ritornerò su questo punto alla fine.

Prima voglio riportare la vostra attenzione sul profilo finanziario della comfort zone.

La comfort zone degli investimenti

Secondo un sano principio finanziario, bisogna fare estrema attenzione alla diversificazione del proprio portafoglio (quello che i nostri nonni, finanziariamente ignoranti, ma molto saggi, sintetizzavano come “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”). Una diversificazione, però, che non si deve limitare a cambiare il nome delle azioni che mettiamo in portafoglio, ma deve considerare anche quanto queste azioni (o obbligazioni) si muovono assieme. Quelli bravi parlano di correlazione.

Un esempio chiarirà meglio il concetto. Se ho in portafoglio delle azioni di un’azienda automobilistica e decido che sia il caso di diversificare il portafoglio, non sarebbe cosa saggia acquistare azioni di un’altra azienda che opera nel medesimo settore. È vero che ho in portafoglio due azioni diverse, ma è anche vero che il settore è lo stesso. Dovrei piuttosto inserire nel mio portafoglio delle azioni diverse dal settore automobilistico o, per essere più raffinati, acquistare delle azioni che non siano correlate con quelle che già possiedo. Diversificare, quindi, diventa il punto focale della nostra discussione.

Diversificazione e home country bias

Ma come e dove diversificare? La tendenza che abbiamo, come investitori “comodi”, è quelle di concentrare il nostro portafoglio all’interno del nostro perimetro di confidenza (la comfort zone di cui sopra) e di investire in ciò che ci rende più tranquilli. Essendo italiani, la nostra tendenza sarà quella di concentrarci principalmente su azioni di società italiane quotate in Italia escludendo, o trascurando, i mercati esteri: una sorta di “diversificazione nazionale”. Perché lo facciamo?

Per una distorsione che si chiama home country bias. In questo caso, ciò che ci è più vicino fisicamente (il mercato azionario italiano), lo percepiamo come più vicino anche psicologicamente e lo riteniamo più sicuro, meno rischioso. Se è così, nulla da dire.

Per parte mia, suggerisco sempre di fare ciò che ci fa stare bene. Ma vi invito a riflettere su un punto: il fatto di concentrare il nostro investimento esclusivamente su un unico mercato, ci preclude delle opportunità.

Anzitutto in termini di diversificazione del portafoglio (come minimo, investendo parte del portafoglio all’estero, diversifichiamo il rischio Paese).

Non dimentichiamo poi le opportunità legate ad aziende e settori maggiormente sviluppati all’estero (pensiamo al settore high tech).

Da non escludere, poi, la possibilità di profitti legata all’andamento del tasso di cambio.

In sintesi: nessuno prescrive di abbandonare il nostro giardinetto (comfort zone). Se questo ci fa stare bene, nessun problema: restiamo pure dove siamo, anche per quanto riguarda gli investimenti. Bisogna, però, essere consapevoli che l’uscita dalla comfort zone offre nuove e inesplorate opportunità, che potrebbero portare frutti interessanti.

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