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S&P: le ragioni dietro la conferma del rating BBB/A-2 per l’Italia (con outlook stabile)

Il 20 ottobre 2023, S&P Global Ratings ha confermato i suoi rating sovrani a lungo e breve termine in valuta estera e locale “BBB/A-2” sull’Italia. Le prospettive sono stabili.

 

L’outlook stabile bilancia la nostra visione di un consolidamento di bilancio più lento di quanto previsto in precedenza, anche a causa dell’aumento degli interessi sul grande debito pubblico, con il significativo stimolo economico che i fondi UE dovrebbero fornire.

 

Ma attenzione, avverte l’agenzia di rating.

 

  • Potremmo abbassare il rating nel caso in cui la traiettoria di bilancio del governo si discostasse significativamente dai suoi obiettivi. Un’attuazione solo parziale delle riforme strutturali economiche e di bilancio, in particolare quelle legate all’erogazione dei fondi UE, comporterebbe inoltre rischi per la crescita economica e le finanze pubbliche, esercitando di conseguenza una pressione al ribasso sul rating.
  • Potremmo alzare il rating se i risultati di bilancio migliorassero, per esempio grazie all’attuazione di politiche di riduzione del deficit o a una crescita economica più forte del previsto, che porterebbe a un calo del debito pubblico in rapporto al Prodotto interno lordo.

 

Secondo le proiezioni dell’agenzia di rating, entro il 2025 la crescita del Pil reale italiano tornerà sopra l’1%, dopo una decelerazione nel 2023-2024. Un fattore cruciale per questo risultato sarà il pieno impiego dei fondi UE del NextGenerationEU.

Allo stesso tempo, i deficit di bilancio saranno più alti di quanto previsto quest’anno e nel periodo 2024-2026. Il debito pubblico e la sensibilità alle condizioni di mercato rimarranno elevati.

 

 

Crescita, debito, transizione energetica: i fattori cruciali secondo S&P Global Ratings

  • La crescita economica rallenterà nel 2023 e nel 2024 a causa dell’inasprimento delle condizioni monetarie, dell’aumento del risparmio privato e dell’indebolimento del commercio globale.
  • Entro il 2025, prevediamo che la crescita del Pil reale italiano tornerà a superare l’1%.
  • L’impiego completo dei fondi del NGEU si estenderà probabilmente oltre il 2026 e continuerà a dare un forte impulso all’economia, anche se con un certo ritardo.

 

Al momento, con un Pil di 2.200 miliardi di dollari a prezzi correnti, l’economia italiana è l’ottava al mondo. Un Paese aperto, con un’incidenza delle esportazioni sul Pil pari a circa il 36% nel 2023, ed è ricco, con una ricchezza netta delle famiglie stimata dall’Istat in 10.400 miliardi di euro.

L’impatto dello shock inflazionistico e dell’inasprimento delle condizioni di credito si protrarrà nel 2024, prima che la crescita economica risalga al di sopra dell’1% nel 2025. Un fattore cruciale per questo risultato sarà, come accennato, l’accelerazione dell’impiego dei fondi NextGenerationEU, che secondo l’agenzia di rating si estenderà probabilmente oltre il 2026.

L’impatto del NextGenerationEU sulla crescita economica sarà ritardato, ma comunque positivo. Il mercato del lavoro mostrerà, secondo le previsioni, un lieve aumento della disoccupazione nel 2023 e nel 2024.

Intanto, la resilienza energetica dell’Italia dovrebbe rafforzarsi. Il Paese è riuscito a diversificarsi dal gas russo, che ora costituisce il 10% delle sue importazioni di gas invece del 40% precedente alla guerra Russia-Ucraina, grazie a nuove fonti, in particolare nel Nord Africa. Tuttavia, circa l’80% dell’approvvigionamento energetico è importato e il 19% deriva da fonti rinnovabili.

Si tratta di una vulnerabilità che i fondi NGEU destinati alla transizione verde (37% della dotazione totale) contribuiranno a ridurre. Inoltre, l’Europa sta portando avanti piani per l’acquisto congiunto di gas nel tentativo di sfruttare il potere d’acquisto del blocco e assicurarsi prezzi più bassi dai fornitori internazionali.

 

Rallentamento della riduzione del debito pubblico e inasprimento della politica monetaria

  • Il consolidamento del bilancio sarà più lento di quanto previsto in precedenza dopo la revisione degli obiettivi di deficit di bilancio da parte del governo.
  • La Banca centrale europea continuerà la sua politica monetaria restrittiva, ma non prevediamo che l’inflazione raggiunga l’obiettivo prima del 2025.
  • Dato l’elevato livello del debito pubblico, un forte peggioramento del costo di finanziamento comporterà un aumento dei pagamenti degli interessi.

 

Il consolidamento del bilancio sarà più lento del previsto, spiega l’agenzia di rating. Sembra improbabile che il governo applichi modifiche al codice fiscale con effetti negativi sulle entrate. Il ritmo di riduzione del debito pubblico rallenterà. E un deterioramento delle condizioni di mercato potrebbe pesare ulteriormente sui pagamenti degli interessi.

Ma la posizione esterna dell’Italia è un punto di forza relativo del credito. La Bce, secondo S&P, ha finito di aumentare i tassi di interesse, ma non ha ancora terminato la stretta monetaria. Le banche italiane hanno ridotto drasticamente l’elevato stock di attività problematiche accumulato durante la precedente crisi e hanno ridotto in modo significativo gli squilibri nei loro bilanci.

 


 

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