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Investire nella difesa europea? Potrebbe essere il momento giusto

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Un fondo europeo per la difesa

Terrorismo, attacchi informatici, cambiamento climatico e condizioni economiche volatili: l’Europa si trova oggi ad affrontare una serie di minacce che rimettono in primo piano i temi della sicurezza e della difesa.

In un momento storico in cui i rischi emergenti hanno una connotazione globale, che rende più che mai confusi i confini tra sicurezza nazionale e difesa internazionale, la Commissione Europea ha deciso di fare un passo avanti nella direzione di un sistema di difesa più omogeneo tra i diversi Stati membri dell’Unione.

In quest’ottica si inserisce il lancio, avvenuto ufficialmente lo scorso giugno, del Fondo europeo per la difesa, pensato per coordinare, integrare e amplificare gli investimenti nazionali per la ricerca nel settore della difesa, nello sviluppo di prototipi e nell’acquisizione di tecnologie e materiali di difesa.

“Le persone in tutta Europa sono preoccupate per la propria sicurezza e per quella dei propri figli. A integrazione della cooperazione con la NATO, dal nostro canto dobbiamo fare di più e meglio”, ha commentato Jyrki Katainen, Vicepresidente della Commissione Europea responsabile per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività.

“Il fondo fungerà da catalizzatore per un’industria europea della difesa forte, che sviluppa tecnologie e materiali all’avanguardia e pienamente interoperabili. Gli Stati membri rimarranno alla guida, otterranno il miglior rapporto qualità/prezzo nella spesa sostenuta e, in ultima analisi, vedranno aumentare la loro influenza”.

Ricerca e sviluppo

Nel dettaglio, il fondo si articola in due sezioni: da un lato la spesa per la ricerca collaborativa in tecnologie e prodotti per la difesa innovativi – dall’elettronica ai metamateriali, dai software cifrati alla robotica – dall’altro gli incentivi allo sviluppo congiunto e all’acquisizione di tecnologie e materiali di difesa, attraverso il cofinanziamento a titolo del bilancio dell’UE e il sostegno pratico della Commissione.

Per esempio, gli Stati membri potranno investire congiuntamente nello sviluppo della tecnologia dei droni o della comunicazione via satellite, o acquistare in blocco elicotteri per ridurre i costi.

Un po’ di numeri

Nello specifico, il fondo metterà a disposizione per la ricerca 90 milioni di euro fino al 2019, che saliranno a 500 milioni di euro all’anno a partire dal 2020. Per la parte relativa allo sviluppo dei progetti, invece, si intende garantire 500 milioni per il biennio 2019-2020, mentre si parla di un miliardo di euro l’anno a partire dal 2021.

Secondo le stime della Commissione, questo programma potrà generare un effetto leva in grado di quintuplicare i finanziamenti nazionali. Complessivamente, si stima che dopo il 2020 il Fondo potrà generare investimenti nel settore della difesa comune per 5,5 miliardi di euro.

Non è tutto: l’istituzione del Fondo europeo per la difesa si inserisce nell’ambito di un’iniziativa più ampia: la Permanent Structured Cooperation (PeSCo), a cui hanno aderito 25 Stati tra cui l’Italia, che prevede, oltre al fondo europeo, anche la Coordinated Annual Review on Defence (CARD), volta ad analizzare il bilancio delle spese militari europee stabilendo i parametri da ritoccare.

Un sistema da uniformare

Le motivazioni alla base di questo intensificato impegno comunitario nel settore hanno solide fondamenta economiche: stando a uno studio del Servizio di ricerca del Parlamento europeo, la mancanza di cooperazione tra gli Stati membri dell’UE nei campi della difesa e della sicurezza (ad oggi l’80% degli appalti e oltre il 90% della ricerca e tecnologia sono limitati alla dimensione nazionale) costa ogni anno tra 25 e 100 miliardi di euro, mentre mettendo in comune le commesse si potrebbe risparmiare fino al 30% della spesa annua per la difesa.

Per avere un’idea di quanto il settore sia oggi frammentato basti pensare che l’UE conta 178 sistemi d’arma diversi rispetto ai 30 degli Stati Uniti, 17 tipi diversi di carri armati (gli USA ne hanno un solo tipo) e più tipi di elicotteri che governi in grado di acquistarli.

Chi beneficerà della cooperazione rafforzata?

A livello di aziende della difesa in grado di beneficiare dei nuovi investimenti europei, sicuramente la Francia è il Paese meglio posizionato, con giganti del calibro di Thales, Safran e Dassault. In Italia i nomi principali sono Leonardo, Fincantieri, Piaggio Aero, mentre la Germania – meno dotata degli altri in questo settore – può contare su Rheinmetall, ThyssenKrupp e Daimler.

Ma il fondo europeo non interesserà solo i colossi: anche le numerose piccole e medie imprese che spesso operano come sub-appaltatori delle maggiori commesse nel settore beneficeranno delle risorse comunitarie.

Parallelamente al rinnovato impegno comunitario, poi, Francia e Germania hanno anche annunciato l’intenzione di rafforzare la cooperazione nella difesa, complici l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione e una posizione più isolazionista degli Stati Uniti.

Un buon momento per investire nella difesa?

Tutti questi sforzi indirizzati verso il settore della difesa aprono tra l’altro interessanti opportunità di investimento.

Più in generale, l’idea di una piattaforma comune di investimento come il fondo europeo per la difesa potrebbe costituire il primo passo verso una – auspicabile – più ampia condivisione degli investimenti a livello comunitario, che potrebbe estendersi anche ad altri settori. Staremo a vedere.


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