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Minibond e Pir, un rapporto ancora da costruire

I Minibond e i Pir di Zenit SGR

Minibond in crescita

I più “anziani” sono i Minibond: nati nel 2012, sono obbligazioni di importo massimo pari a 500 milioni di euro, emesse da società non quotate (tipicamente PMI italiane). In sostanza, fungono da fonte di finanziamento per la crescita aziendale in alternativa al canale del credito bancario, non sempre facilmente accessibile.

Stando all’ultimo Osservatorio Minibond pubblicato dal Politecnico di Milano, i Minibond hanno continuato a crescere nel 2017. Una crescita graduale ma costante: la raccolta dello scorso anno si è attestata a 5,5 miliardi di euro contro i 3,5 miliardi dell’anno precedente, di cui quasi 1,4 miliardi verso le piccole e medie imprese (il doppio rispetto al 2016).

La ricerca ha identificato al 31 dicembre dello scorso anno un totale di 467 emissioni di Minibond effettuate da 326 imprese. Nel solo 2017, le società che hanno emesso Minibond in Italia sono state 137.

Flusso temporale delle emissioni di Minibond dal 2014 al 2017

Fonte: 4^ Report italiano sui Minibond, Politecnico di Milano

Vale la pena soffermarsi un momento a sottolineare la buona redditività dei Minibond, che remunerano gli investitori tramite il pagamento di una cedola fissa (nella maggior parte dei casi) oppure variabile (questa modalità riguarda solo il 12,4% delle emissioni). Stando all’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2017 il valore medio della cedola (fissa) per tutto il campione è pari al 5,15%.

Distribuzione della cedola dei mini-bond. Campione: 467 emissioni

Fonte: 4^ Report italiano sui Minibond, Politecnico di Milano

2017, l’anno dei PIR

Un discorso a parte meritano i Piani Individuali di Risparmio (PIR), lanciati lo scorso anno e veri protagonisti del settore del risparmio gestito italiano nel 2017. Questi “contenitori fiscali” convogliano i risparmi degli investitori sulle imprese italiane, con un occhio di riguardo alle piccole e medie imprese, offrendo come contropartita un beneficio fiscale sull’investimento – l’esenzione totale, a patto che si rispettino le regole stabilite dal legislatore.

I PIR hanno chiuso il 2017 con una raccolta di oltre 7,5 miliardi di euro e hanno contribuito ad attirare l’attenzione degli operatori su piccole e medie imprese italiane spesso dimenticate, come quelle quotate sul listino Aim di Borsa Italiana.

PIR & Minibond, un rapporto possibile?

I PIR e i Minibond sono in grado di creare delle sinergie, a tutto vantaggio delle piccole e medie imprese e quindi – in definitiva – dell’economia reale italiana? In linea di principio sì, in quanto i PIR sono nati per accogliere sia azioni che obbligazioni emesse dalle imprese italiane. E la fame di obbligazioni degli italiani è tanta, così come quella di PIR. Dunque quello tra Minibond e PIR è un matrimonio di belle speranze: i PIR sembrano essere una scatola finanziaria-giuridica perfetta per i Minibond. Peccato che le speranze non si siano ancora tradotte in fatti.

Nel 2017 infatti, segnala il report del Politecnico, “l’impatto dei PIR non sembra essere stato rilevante nell’ambito dei Minibond: nel primo anno di attività il mercato è stato dominato dal risparmio gestito, attraverso fondi comuni aperti che hanno privilegiato l’investimento in titoli azionari; ciò è testimoniato dal sensibile aumento degli scambi e dei prezzi di Borsa sul listino AIM Italia e sui titoli di media capitalizzazione”.

Secondo i dati di Assogestioni, a fronte di una raccolta in PIR da 7,5 miliardi di euro, su un totale di 56 prodotti PIR-compliant attivi, a fine settembre 2017 si registravano 23 fondi azionari, 23 bilanciati, 8 flessibili e solo 2 obbligazionari.

L’esperienza di Zenit SGR

In Zenit SGR abbiamo entrambi i prodotti: il fondo Progetto Minibond Italia, che investe in Minibond, e due fondi PIR compliant, uno azionario e uno obbligazionario.

Siamo convinti che sia solo questione di tempo, prima di vedere le tanto attese sinergie: il successo dei PIR farà da volano ai Minibond. “Si sta completando il cerchio”, commenta l’A.D. di Zenit SGR, Marco Rosati.

“Il legislatore ha introdotto passo passo alcuni tasselli, sicché l’industria finanziaria da una parte e il tessuto imprenditoriale dall’altro stanno percorrendo insieme la strada che porta alla rinascita di un mercato di capitali in Italia”.

Detto questo, è importante non fare confusione tra i due strumenti e tenere a mente anche le differenze, oltre ai punti comuni: “Se i PIR sono veicoli che canalizzano gli investimenti in fondi aperti, sia azionari che obbligazionari (e di cui una parte può essere allocata in PMI), i Minibond sono strumenti di debito che le piccole e medie imprese italiane emettono per finanziarsi e che sono oggetto di investimento di fondi principalmente chiusi”, spiega Giovanni Scrofani, gestore del fondo Progetto Minibond Italia.

I Minibond, quindi, sono strumenti sottoscrivibili da una clientela diversa rispetto a quella che sottoscrive normalmente un Piano Individuale di Risparmio.

Proprio per questo i PIR, con le tutele giuridiche associate agli strumenti del risparmio gestito, sono un veicolo d’investimento adatto a contenere strumenti finanziari come i Minibond, che altrimenti risulterebbero inaccessibili ai risparmiatori. Inserendo dei Minibond, la cui redditività è certo interessante, in un fondo comune PIR, si è sicuri che siano presenti in quantità controllata, nel rispetto di una sana diversificazione dei rischi di portafoglio e di una gestione prudente.


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