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Bollettino AO | Rating Italia, il risveglio delle agenzie

Le agenzie di rating tornano ad esprimersi sul debito italiano.

I fatti salienti della settimana

L’Italia si conferma fanalino di coda. Eurostat (l’ufficio di statistica europeo) ha pubblicato i dati sulla variazione del Prodotto Interno Lordo nel quarto trimestre 2018 nell’Eurozona e nell’UE a 28 (incluso il Regno Unito, quindi). L’Italia si conferma l’unico Paese con il segno meno dell’UE, con il -0,2%. La Germania si ferma allo 0%.

Crescono poco anche l’Austria (+0,2%), la Francia e il Belgio (+0,3%), il Portogallo (+0,4%) e la Polonia (+0,5%). Il nostro Paese è in coda anche in termini di variazione annua, crescendo del +0,1% appena.

Stime di crescita prossime allo zero. La capo analista di Moody’s per l’Italia Kathrin Muehlbronner ha detto che per l’agenzia di rating la stima di crescita del PIL italiano nel 2019 sarà probabilmente tra lo 0 e lo 0,5%. Moody’s ha abbassato il rating sull’Italia a ottobre, a Baa3 (con outlook stabile), un solo gradino sopra l’high yield.

Intanto si avvicina la fatidica data del 22 febbraio, quando a esprimersi sul rating sarà Fitch: in questo caso, ci sono ancora due gradini prima di ritrovarci al livello high yield.

Nebbia fitta a Londra (ma anche a Madrid). Theresa May, primo ministro del Regno Unito, è stata nuovamente sconfitta alla Camera dei Comuni, che ha bocciato anche il suo piano B sulla Brexit, e intanto il tempo stringe e l’ipotesi “no deal” si fa seriamente concreta.

In Spagna il primo ministro socialista Pedro Sanchez ha annunciato la data delle elezioni anticipate – domenica 28 aprile, circa un mese prima del redde rationem europeo – dopo la crisi istituzionale che ha messo fine alla sua esperienza di governo.

Ulteriore rinvio dei dazi USA? Il presidente USA Donald Trump starebbe prendendo in considerazione un ulteriore rinvio dei dazi a carico delle importazioni cinesi. A conferma del fatto che da parte delle due maggiori economie mondiali c’è la volontà di addivenire a una soluzione definitiva delle loro controversie commerciali. I negoziati proseguono.

Trump e l’emergenza nazionale. Trump dichiarerà l’emergenza nazionale per aggirare l’ostacolo posto dal Congresso (a maggioranza Democratica) e avere i fondi per fare il muro al confine col Messico. E intanto firmerà la legge di bilancio evitando così lo shutdown, che sarebbe dovuto ripartire oggi.

 

Come si sono mossi i mercati

Sull’onda della distensione. L’atteggiamento più conciliante tra USA e Cina ha dato spunti di ottimismo ai listini, in primis quelli asiatici. L’azionario USA ha beneficiato anche della notizia di una via d’uscita che, se confermata, eviterà una ricaduta nello shutdown.

Bund verso quota zero. Il rendimento del Bund tedesco a 10 anni continua ad aleggiare attorno allo zero. Lo spread BTP-Bund sul finire della settimana è intorno ai 270 punti base.

La Bank of Japan ripensa il suo QE. I rendimenti dei titoli decennali giapponesi sono rimasti in territorio negativo anche dopo che la Banca del Giappone ha tagliato gli acquisti di obbligazioni con le scadenze più lunghe per la prima volta da luglio.

Il dollaro ringrazia le banche centrali. Il dollaro USA è entrato nel rally più lungo dal gennaio 2016, recuperando le perdite da inizio anno, nel solco dell’atteggiamento più “da colomba” delle banche centrali di tutto il mondo.

 

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La Russia rimane un passo indietro. Il petrolio ha esteso il suo rimbalzo dopo che l’Arabia Saudita si è impegnata ad aumentare i tagli all’output.

Intanto, secondo il rapporto mensile dell’AIE, la produzione di greggio nei Paesi OPEC è scesa di 930 mila barili al giorno a gennaio, a una media di 30,83 milioni di barili al giorno, il minimo da quattro anni. A tagliare di più sono state Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait, mentre la Russia ha tagliato solo 60 mila barili al giorno.

A gennaio la conformità degli Stati OPEC all’ultimo accordo sulla riduzione della produzione è stata dell’86%, mentre quella dei Paesi non OPEC è stata del 25% appena. Confermate le previsioni di crescita della domanda di petrolio per il 2019, a 1,4 milioni di barili al giorno.

 



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Da segnare in agenda

Europa – Martedì prossimo, in Germania, uscirà lo ZEW sulle attese e sulla situazione corrente. In Italia occhi puntati sul saldo del conto corrente e sulle vendite e gli ordinativi industriali.

Mercoledì focus sulla fiducia dei consumatori a livello UE. Giovedì si conosceranno i PMI manifatturiero, servizi e composito. Venerdì attenzione all’IFO. Focus, il 22, anche sull’indice dei prezzi al consumo.

Gran Bretagna – Atteso, tra gli altri, l’aggiornamento sul tasso di disoccupazione ILO.

Stati Uniti – Martedì usciranno le minute della riunione del FOMC del 30 gennaio. Giovedì verranno diffusi il Philadelphia Fed Business Outlook e i PMI rilevati da Markit (manifatturiero, servizi e composito). Spazio anche al Leading Index.

Giappone – Segnaliamo mercoledì la bilancia commerciale, con focus sulla variazione annuale dell’export e dell’import a gennaio. Giovedì sarà la volta del Nikkei Manufacturing PMI a febbraio e dell’All Industry Activity Index a dicembre. Venerdì la settimana si concluderà con il Consumer Price Index, core e non, a gennaio.

 


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