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Maxi inflazione, maxi rialzi, super repricing: cosa ci lascia in eredità il 2022

Maxi inflazione, repentine restrizioni di politica monetaria, crisi energetica subentrata in seguito alla guerra russa in Ucraina. Ognuno di questi fattori sarebbe stato sufficiente a innescare brusche correzioni, ma la cosiddetta “tempesta perfetta” è riuscita in un obiettivo ancor più singolare: mettere ko, insieme, il mercato azionario e quello obbligazionario, lasciando poco scampo agli investitori in giro per il globo.

Non solo. L’interventismo di Pechino nell’economia, associato alla politica zero Covid solo di recente abbandonata, ha colpito in modo particolarmente duro anche i listini asiatici, restringendo di fatto le possibilità di diversificare.

I principali mercati azionari del pianeta hanno avuto tutti ribassi a doppia cifra. Mentre la montagna di debito con tassi negativi o prossimi allo zero, frutto di un decennio di politica monetaria super accomodante, ha visto crollare le sue quotazioni su una politica di rialzi delle banche centrali che non solo è stata violenta, ma certe volte anche poco chiara nei suoi obiettivi di approdo.

 

I fatti salienti dell’anno 2022

L’evento indiscutibilmente più rilevante del 2022 è stato l’inizio della guerra in Ucraina: il 24 febbraio l’esercito russo ha varcato il confine e riportato un conflitto sul suolo europeo dopo decenni.

Il mondo occidentale, con Stati Uniti e Ue in testa, ha comminato crescenti sanzioni economiche alla Russia, compreso un embargo e un price cap al suo petrolio a 60 dollari. In risposta, Putin ha tagliato in maniera importante le forniture di gas all’Europa, causando un’impennata spaventosa dei prezzi sul mercato Ttf di Amsterdam che ha costretto i governi europei a spendere massicciamente per proteggere le economie da bollette energetiche fuori controllo.

In questo caso, l’approdo finale è stato un accordo su un price cap che entrerà in vigore a febbraio: la novità, arrivata a fine anno, ha contribuito, insieme all’entità considerevole degli stoccaggi in Europa, complici le temperature miti, ad abbassare i prezzi.

Nel frattempo, negli ultimi mesi dell’anno in Cina sono scoppiate violente proteste contro la politica zero Covid del presidente Xi Jinping, confermato nel 2022 alla leadership del Partito Comunista cinese. Il governo ha quindi deciso di allentare le restrizioni per placare la popolazione, facendo riprendere quota al prezzo del petrolio che si era fortemente contratto nella parte finale dell’anno sui timori di una recessione globale.

Grandi protagoniste le banche centrali, a partire dalle due più significative: la Federal Reserve e la Banca centrale europea. In Usa il banchiere centrale Jerome Powell, con l’inizio del 2022, e dopo aver considerato l’inflazione un fenomeno transitorio, ha repentinamente modificato la direzione della sua politica.

Meeting dopo meeting, la Fed ha messo a segno diversi rialzi significativi, portando il costo del denaro tra il 4,25 e il 4,50% (e non ha ancora finito). Questo ha pesato sui listini azionari, che hanno continuato a ripiegare in preda alle ansie per le ripercussioni (recessione in vista?) di questa linea così aggressiva sull’economia, e ha portato il dollaro a un clamoroso sorpasso sull’euro.

Scenario simile in Europa, con la banchiera centrale Christine Lagarde che ha messo insieme diversi rialzi dei tassi, portando quello principale al 2,5% e annunciando, da marzo, un restringimento del bilancio della Bce da 15 miliardi al mese. Una politica che ha portato i rendimenti dei titoli di Stato a crescere vertiginosamente, cosa che costituisce un rischio per la tenuta del debito sovrano.

 

 

Come si sono mossi i mercati

In Europa i principali listini hanno subito perdite significative nell’ultimo anno: Il Ftse Mib in Italia ha ripiegato del 13,08%, poco sotto i 24.000 punti. In linea anche il Dax tedesco, che ha lasciato sul terreno il 12,51%. Il migliore è il Cac40, che rispetto all’anno scorso perde “solo” il 9,3%.

Negli States l’S&P 500 si è ridotto addirittura del 20,6%. Ma soffre anche di più il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici: -34,5%.

In Asia, il Ftse China A 50 ha perso il 17,6%. Leggermente meglio l’Hang Seng a Hong Kong (-15,6%). In Giappone, Nikkei giù del 9,3%.

Sul fronte obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è salito nell’anno fino a quota 3,84% (dall’1,5% di inizio anno). In Europa, lo spread Btp/Bund è sul finire dell’anno a 212 punti base. Anche i rendimenti dell’Eurozona sono risaliti: il Btp rende il 4,6%, il Bund tedesco a 10 anni è al 2,48% e l’Oat francese decennale al 3,02%.

Per quanto riguarda le commodity, l’oro è sostanzialmente invariato rispetto a un anno fa. Il gas naturale europeo è scambiato poco sopra i livelli prebellici, ben lontano dal picco di 345 euro raggiunto il 26 agosto. Il petrolio è a 82 dollari (un anno fa era a 78) al barile per il Brent, il Wti a quota 78 (un anno fa era a 76 dollari). Il barile di petrolio, in ogni caso, ha ritracciato moltissimo in finale d’anno, dopo aver superato la soglia dei 120 dollari al barile.

Sul fronte valute, l’euro torna a valere di più sul biglietto verde e viene scambiato a 1,06 dollari. C’è stato un periodo, però, tra settembre e novembre, nel quale il dollaro ha più volte superato l’euro fino a un massimo di cambio favorevole di 1,05 euro per avere un dollaro.

Merita una menzione anche il crollo delle criptovalute. L’avversione al rischio nell’ultimo anno ha fatto letteralmente franare le quotazioni: basti pensare che il Bitcoin, la principale cripto mondiale, ha perso quasi il 62% della propria capitalizzazione e ora è a 15.595 euro. Questa grande crisi, seguita alla bolla pandemica, ha provocato diverse conseguenze, tra cui il crack della piattaforma di exchange in criptovalute Ftx, sfociato addirittura nell’arresto del fondatore Sam Bankman Fried.

 

Cosa ci lascia in eredità il 2022?

Il 2022 è stato un anno difficile, nel quale:

  • ci siamo ritrovati alle prese con un mix senza precedenti di rischi geopolitici;
  • anche per effetto di questi, l’inflazione è tornata a livelli che non si vedevano da decenni;
  • il deterioramento del quadro macroeconomico è stato pronunciato;
  • per contro, la politica monetaria, da una quindicina d’anni sempre pronta a intervenire, si è convertita a una linea prevalentemente restrittiva proprio per fronteggiare l’inflazione, determinando un importante aumento delle probabilità di recessione in varie aree del globo, seppure con differenze tra Usa, Cina ed Europa.

Ma attenzione: la recessione è almeno in parte già scontata dal mercato. E si è verificato un fenomeno importante: un “repricing” di molte asset class, che hanno potuto così spurgare anni e anni di mercato “toro” e di politiche monetarie storicamente anormali e di tassi d’interesse basserrimi.

Dopo un anno “sfidante”, ci troviamo ora con rendimenti obbligazionari nuovamente appetibili e indicatori fondamentali azionari sui livelli decisamente bassi, che non pochi investitori considerano altrettanto appetibili.

Ciò detto, è più che probabile che nel 2023 i mercati e gli investitori continueranno a fare i conti con la “coda” degli shock di mercato vissuti l’anno scorso. Ma è tempo di concentrarsi sul lato positivo e cercare di capitalizzare le opportunità future create da un difficile 2022.

 


 

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