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Riassunto mensile di febbraio: l’inflazione costringe i listini a rallentare

Il rally di inizio anno ha rallentato un po’ la sua corsa a febbraio, con i mercati che nella seconda parte del mese si sono irrigiditi sui segnali di resilienza dell’inflazione.

Ma la riapertura della Cina e vari dati economici, come i dati sul lavoro Usa e la crescita della fiducia dei consumatori in Europa, hanno spinto diversi osservatori internazionali a ritoccare verso l’altro le stime di crescita per il 2023, un anno per il quale, salvo eventi traumatici, diminuiscono sempre di più i rischi di una recessione.

E se questo da un lato è positivo, dall’altro potrebbe avere un certo effetto sul carovita, causando una politica sui tassi d’interesse delle banche centrali più rigida e per un periodo più lungo.

Il quadro sui mercati è stato generalmente positivo per l’Europa nel corso del mese, ma le tensioni geopolitiche e sui tassi hanno fatto male ai listini di Stati Uniti e Asia.

Intanto non ci sono miglioramenti significativi in Ucraina, dove il conflitto non sembra potersi risolvere per il momento con una soluzione pacifica. E, anzi, ci sono segnali di escalation, con armamenti sempre più potenti in gioco e nuove tensioni in territori finora fuori dalla guerra come la Moldavia.

I timori di escalation bellica e di irrigidimento delle banche centrali ha portato quindi un po’ di volatilità sui mercati azionari globali.

 

I fatti salienti del mese di febbraio

La stagione delle trimestrali ha restituito dati sugli utili generalmente buoni, che hanno favorito il recupero dei listini europei e statunitensi. In Italia, per esempio, sono state sugli scudi in particolare le banche: da Intesa Sanpaolo a Unicredit, passando per Banco Bpm e Bper, hanno tutte battuto le stime degli analisti e messo insieme una crescita sostenuta dei profitti.

Fari puntati sulla Bce, che a febbraio ha alzato i tassi di un altro 0,50% portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3%. Per il mese di marzo è certo un altro rialzo da mezzo punto, poi la presidente Christine Lagarde ha ribadito che i prossimi passi da compiere si valuteranno sulla base dei dati.

A febbraio abbiamo saputo che nel mese di gennaio il carovita in Europa si è attestato all’8,6%, in deciso calo rispetto al 9,2% di dicembre. Il calo inflattivo, però, pare non essere su un percorso lineare, tanto che in Spagna e Francia i prezzi hanno lievemente rialzato la testa.

E negli Stati Uniti? Il capo della Fed Jerome Powell ha alzato un po’ il piede dall’acceleratore aumentando i tassi solo dello 0,25% a febbraio. L’indice dei prezzi al consumo a gennaio è calato in modo frazionale al 6,4% su base annua, deludendo però le attese degli analisti a causa del dato core, al netto di energia e alimentari freschi, che è ancora molto alto: +5,6% su base annua. Cosa che, insieme all’aggiornamento sul Pce, dà forza ai falchi della Fed, che spingono per nuovi rialzi dei tassi.

Il 2023 dovrebbe essere un altro anno di crescita, così almeno dicono le stime del Fondo monetario internazionale, ritoccate verso l’alto: il Pil mondiale dovrebbe aumentare del 2,9%, mentre quello dell’Italia dovrebbe crescere dello 0,6% (sostanzialmente in linea con le stime del governo).

 

 

In Europa, intanto, le temperature miti dell’inverno continuano a spingere giù i costi dell’energia, con il gas ormai stabilmente entro i 50 euro al megawattora (anche meno del pre-guerra) e il prezzo del petrolio che si mantiene su prezzi tutto sommato contenuti.

Su questo fronte, però, la riapertura della Cina, l’entrata in vigore dell’embargo sui prodotti raffinati russi e una domanda di petrolio prevista in crescita potrebbero portare a nuove fiammate dei costi dell’energia nel corso dell’anno. Da Pechino, in questo senso, sono arrivati dati sulla produzione industriale ai massimi da 11 anni a questa parte, con il Pmi manifatturiero (Nbs) ufficiale della Cina salito a 52,6 a febbraio 2023 dal 50,1 del mese precedente.

Intanto, sul fronte geopolitico, ha fatto molto discutere il caso del pallone sonda cinese sconfinato sullo spazio aereo statunitense e per questo abbattuto. I cinesi sostenevano fosse un pallone per le previsioni meteo, gli Usa sostengono fosse uno strumento di spionaggio.

Sta di fatto che la tensione tra Usa e Cina è di nuovo alta. Da Pechino, tra l’altro, è arrivato un piano di pace in 12 punti per Russia e Ucraina, un piano che tuttavia non sembra aver fatto breccia in Occidente perché ritenuto troppo favorevole a Mosca, con la quale del resto Pechino non nasconde di avere legami di alleanza e amicizia.

 

Come si sono mossi i mercati

In Europa i principali listini hanno iniziato bene il nuovo anno. Il Ftse Mib in Italia ha guadagnato il 3,30% e si è portato a ridosso dei 27.500 punti. In crescita anche il Dax tedesco, che è salito dell’1,57%. Più tonico il Cac40: +2,62%.

Negli Usa l’S&P 500 ha lasciato sul terreno il 2,61%. Piatto il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha visto una variazione negativa per lo 0,49% della sua capitalizzazione.

In Asia il Ftse China A 50 ha perso il 3,44%. Molto male l’Hang Seng a Hong Kong (-9,41%). In Giappone, il Nikkei è lievitato leggermente dello 0,43%.

Sul fronte obbligazionario il rendimento del bond decennale Usa è salito nel mese fino a quota 3,92% (dal 3,48% di gennaio). In Europa lo spread Btp-Bund è stabile a 180 punti base. Su tutti i rendimenti dell’Eurozona: Btp al 4,49%, Bund tedesco a 2,67%, Oat francese a 3,14%.

Per quanto riguarda le commodity, l’oro è scambiato a 1.832 dollari l’oncia (in calo rispetto al mese precedente). Il gas naturale europeo, invece, è sceso ancora e si è attestato a fine mese a 47 euro al megawattora (dai 57 di gennaio), sotto al livello pre-guerra e ben lontano dal picco di 345 euro raggiunto il 26 agosto. Il petrolio è leggermente sceso, a 82 dollari al barile per il Brent (a gennaio era a 84) e a 76 dollari al barile per il Wti (da 79 dollari).

Sul fronte valute, l’euro si indebolisce sul biglietto verde e viene scambiato a 1,06 dollari.

 

Cosa monitorare nel mese di marzo

Le grandi protagoniste continueranno a essere le banche centrali: il 16 marzo ci sarà l’appuntamento con la Banca centrale europea, che ha già anticipato che alzerà i tassi di un altro mezzo punto ma potrebbe rivelare qualche dettaglio aggiuntivo riguardo al percorso futuro. La Fed, invece, si riunirà il 21-22 marzo in un meeting in cui verranno divulgate anche proiezioni macroeconomiche.

Saranno importanti anche i risultati economici: da subito, quello sull’inflazione europea e statunitense, che daranno un suggerimento su quanto saliranno i tassi e per quanto a lungo dovranno rimanere a livelli più o meno elevati. Sotto la lente, soprattutto in Europa, l’andamento dei rendimenti dei titoli di Stato, che in caso di virate restrittive potrebbero salire ulteriormente complicando i piani dei Paesi più indebitati, tra i quali l’Italia.

Da seguire da vicino, come sempre, gli sviluppi della guerra in Ucraina.

 


 

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