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Altro che stagflazione: ecco a voi la shrinkflation

Abbiamo parlato spesso di inflazione, deflazione, ultimamente soprattutto di stagflazione. Oggi vi proponiamo una variazione sul tema e vi presentiamo la “shrinkflation”. Il termine deriva dall’unione di due parole inglesi:

  • “shrink”, che letteralmente significa “restringere”;
  • e “inflation”, che indica come sappiamo l’aumento generalizzato dei prezzi.

Più che una vera e propria definizione macroeconomica, la “shrinkflation” è una tecnica di marketing, utilizzata dalle aziende in tempi di inflazione in aumento per mascherare il rialzo dei prezzi agli occhi dei clienti.

 

Come funziona la shrinkflation?

In pratica, il cartellino del prezzo resta esattamente lo stesso. Peccato che la confezione del prodotto – sia esso un flacone di detersivo, una bottiglia di vino o una scatola di fazzoletti – sia leggermente più piccola, o contenga qualche unità di prodotto in meno.

Non tanto: il giusto per tamponare la perdita di profitto causata dall’inflazione in aumento, senza però che sia così evidente da balzare all’occhio di un consumatore mediamente distratto.

Gli acquirenti, infatti, tendono a essere sensibili al prezzo, ma potrebbero non notare piccoli cambiamenti nella confezione o non fare caso alle indicazioni, scritte in piccolo, sulle dimensioni o sul peso di un prodotto. Insomma, la tattica funziona eccome: le aziende non ci perdono e i consumatori sono ignari e contenti.

 

Perché rimpicciolire i prodotti?

Facciamo un esempio pratico. Un aumento del costo delle materie prime – poniamo che sia il cacao – ha un impatto diretto sulle aziende che producono barrette di cioccolato. Piuttosto che aumentare il prezzo delle barrette (e potenzialmente perdere clienti), l’azienda può scegliere di ridurre le dimensioni del suo prodotto (inserendo qualche barretta in meno nella confezione o riducendo la quantità di cacao per barretta) e mantenere il prezzo allo stesso livello.

“Il ridimensionamento arriva a ondate, e tende ad accadere durante i periodi di maggiore inflazione”, ha spiegato a Quartz Edgar Dworsky, un avvocato dei diritti dei consumatori che tiene traccia di questa tendenza su consumerworld.org.

 

 

Del resto, quando i prezzi aumentano, le opzioni non sono tante: o si aumenta il prezzo finale di un prodotto, o si cambiano – se possibile – gli ingredienti, inserendone di più economici. Oppure si rimpicciolisce la confezione per vendere una quantità minore dello stesso prodotto allo stesso prezzo. E visto che per le aziende è importante sia far felici i propri clienti sia mantenere prezzi competitivi con la concorrenza, ecco che si fa strada la shrinkflation.

Va detto, sottolinea Quartz, che non proprio tutti i “rimpicciolimenti” di confezione indicano una ricerca di profitto: negli Usa, per esempio, sono usciti nuovi regolamenti volti a limitare le calorie o la quantità di zucchero negli alimenti e questo può spingere le società a cambiare le confezioni, diminuendone le dimensioni.

 

Un fenomeno che esiste da tempo

Nella maggior parte dei casi, comunque, è evidente che la shrinkflation risponde alla necessità delle aziende di massimizzare i profitti. Il fenomeno si è accentuato negli ultimi anni, proprio per effetto dell’inflazione in aumento, ma non si tratta di una strategia nuova.

Tanto che istituzioni e organizzazioni – sia negli Stati Uniti, sia in Europa e in Italia – hanno espresso indignazione in passato per quello che appare a tutti gli effetti come una sorta di inganno.

Già nel 2017 l’Istituto di statistica britannico aveva segnalato il fenomeno della shrinkflation, arrivando a osservare 2.500 confezioni di prodotti ridotte per peso o quantità, mentre l’Istat, nel periodo 2012-2017, ha rilevato 7.306 casi analoghi, in 4.983 dei quali il prezzo era stato rivisto al rialzo.

E anche i consumatori non sono del tutto ignari: stando a Quartz, chi si accorge di questi ritocchi alle confezioni c’è eccome, con alcuni utenti che stanno documentando su Reddit il “restringimento” dei prodotti nei negozi che frequentano.

Insomma, soprattutto in momenti di inflazione alle stelle come quello che stiamo vivendo, è meglio tenere gli occhi aperti quando si fa la spesa. Un po’ come quando si investe.

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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