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Dopo SVB, anche Credit Suisse sotto pressione. Ma per fortuna c’è la banca centrale

Cosa sta succedendo in Svizzera? Ma come, giusto ieri vi dicevamo che non c’era da avere paura, e adesso? Breve riassunto, per quanto possibile, delle puntate precedenti. È da un po’ di giorni che i titoli del Credit Suisse – uno dei principali gruppi bancari al mondo – vanno maluccio, come ricostruisce bene Il Post.

A pesare, le indiscrezioni su presunte debolezze di bilancio. Martedì il management ha ammesso l’esistenza di “concrete debolezze” e a seguire il presidente della Saudi National Bank, prima azionista di Credit Suisse, ha fatto sapere che non avrebbe fornito liquidità alla banca. Dichiarazioni che hanno mandato su di giri – e non in senso buono – gli investitori, che quindi hanno iniziato a vendere i titoli.

 

L’intervento salvifico (per ora) della Banca Nazionale Svizzera

Il 15 marzo la Swiss National Bank e l’autorità di vigilanza (Finma) hanno comunicato che “non ci sono indicazioni di un rischio diretto di contagio per le istituzioni svizzere a causa delle attuali turbolenze bancarie negli Stati Uniti”, e la Finma ha ribadito che il Credit Suisse soddisfa i requisiti patrimoniali e di liquidità più elevati applicati alle banche di importanza sistemica.

Oggi, 16 marzo, il Credit Suisse ha annunciato l’intenzione di rafforzare preventivamente la sua posizione di liquidità, come spiega in una nota Luigi De Bellis, co-head dell’Ufficio Studi di Equita, esercitando l’opzione di prendere a prestito dalla banca centrale fino a 50 miliardi di franchi svizzeri, attraverso una linea di credito a breve termine e una garantita da covered loans.

Una mossa che ragionevolmente punta a rassicurare i clienti sulla capacità dell’istituto di onorare i propri impegni, evitando così una crisi di liquidità che potrebbe manifestarsi in caso di deflussi dei depositi.

Il Credit Suisse ha anche annunciato l’intenzione di agire sul proprio debito, con una cash tender offer su 10 strumenti senior denominati in dollari Usa per un ammontare complessivo di 2,5 miliardi (di dollari Usa, appunto), a cui si aggiunge un’ulteriore tender offer di 500 milioni sui titoli senior denominati in euro. “L’operazione è finalizzata a nostro avviso a fornire un messaggio di fiducia”, commenta De Bellis, “oltre a sfruttare il livello dei prezzi”.

L’infusione di liquidi può essere una misura di supporto nel breve termine, aggiunge De Bellis, ma difficilmente basterà “a garantire una soluzione ai problemi della banca (fiducia del mercato sulla strategia/brand, ristrutturazione complessa) su cui sono necessarie misure più incisive”.

 

 

Quanto c’entra il caso della Silicon Valley Bank?

Il fallimento della Silicon Valley Bank e della Signature Bank non c’entra. Come ricorda Il Post, la banca era comunque da tempo sotto pressione: i primi di febbraio i risultati sul 2022 hanno portato alla luce la perdita finanziaria più grave dal 2008; tutto questo, a valle di anni di difficoltà e scandali finanziari. Lo scorso ottobre, poi, la banca ha annunciato un grosso piano di ristrutturazione, con la previsione di importanti tagli al personale e un profondo ripensamento del business.

Tuttavia, osserva giustamente il giornale online, “l’episodio si inserisce in un contesto di panico generale e di grande incertezza verso la stabilità del sistema finanziario e bancario, motivo per cui tutti i titoli finanziari sono stati colpiti dalla vicenda”.

 

Quali ripercussioni sul settore bancario italiano?

Senza alcun dubbio il settore bancario italiano ed europeo è più solido e capitalizzato rispetto al passato. “Il rischio principale che vediamo con l’aumento dei timori di instabilità finanziaria”, segnala De Bellis su questo tema, sempre nella sua nota, “è che venga colpito uno dei principali canali di trasmissione dell’economia, ossia i prestiti bancari, con un deterioramento della volontà di concedere credito (sia in Europa che negli Stati Uniti)”.

Insomma, dove non arriva l’aumento dei tassi (a proposito: attenzione alle prossime decisioni delle banche centrali), arrivano le varie crisi bancarie al di qua e al di là dell’Atlantico.

 


 

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