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GameStop, Tesla, Bitcoin: benvenuti nella “microbubble economy”

C’è GameStop, che grazie al sostegno dei piccoli investitori attivi su Reddit ha visto il prezzo delle sue azioni lievitare da meno di 20 dollari a 347 dollari tra il 12 e il 27 gennaio (+1.635%) – per poi sgonfiarsi di nuovo fino a circa 45 dollari e risalire, con la stessa velocità, oltre i 245 dollari. E c’è Tesla, che nelle scorse settimane è arrivata a “bruciare” 244 miliardi di dollari di capitalizzazione in Borsa per poi strappare al rialzo nella notte del 9 marzo come non succedeva da oltre un anno, chiudendo con un +19,64% a 673,58 dollari per azione. C’è anche Bitcoin, che a fine marzo 2020 valeva circa 6mila dollari e lo scorso 21 febbraio ha toccato il picco di 57.490 dollari (+856% circa).

 

Cosa sta succedendo?

Il dubbio è quanto mai lecito: ci troviamo dentro una bolla finanziaria ormai sul punto di scoppiare? Beh sì, molto probabilmente sì. Ma con una “sfumatura” che rende la situazione molto diversa (in meglio, dal punto di vista degli investitori) rispetto alle bolle del passato, da quella dei tulipani del 1637 a quella delle dot-com dei primi anni Duemila. Secondo diversi esperti, infatti, oggi non esiste un’unica grande bolla, ma ci sono piuttosto diverse “microbolle” che stanno risalendo verso la superficie. Come se il mercato fosse un flute di champagne.

Alcuni strategist di Jp Morgan hanno notato infatti “sacche” di eccessi simili a bolle in determinate aree – dalle energie rinnovabili alle criptovalute, fino ai veicoli elettrici – ma nessuna asset class è interamente coinvolta. E il capo dell’equity di Saxo Bank ha stilato una lista di 40 titoli, focalizzati principalmente su biotecnologie, software, gaming e media, che appaiono disconnessi dai fondamentali economici. Ma ancora una volta, la questione non riguarda interi settori.

“Sono convinta al 100% che ci siano parti del mercato ormai su livelli da bolla finanziaria”, sostiene Stephanie Link, chief investment strategist della società di wealth management Hightower Advisors. E i titoli diventati popolari su Reddit, primo tra tutti GameStop, ne sono l’esempio lampante. Ma si tratta di piccole porzioni del mercato complessivo”. Insomma, lo ribadiscono da più parti: non c’è un intero settore in territorio di bolla – nemmeno il comparto tech, che da solo pesa per quasi il 40% dell’indice S&P 500 e che in effetti ai tempi della bolla dot-com era interamente coinvolto.

 

 

Il bicchiere mezzo pieno

Tutto questo ha almeno due lati positivi, si legge nella newsletter di Quartz – che a noi piace molto e che spesso ci offre spunti interessanti per i nostri post.
Primo: molte micro-bolle sono meglio di una sola, grande esplosione. Perché ogni bollicina, quando scoppia, non fa tremare l’intera economia. Per dirla con le parole di John Turner, co-autore del libro Boom and Bust: A Global History of Financial Bubbles, “lo scoppio di queste piccole bolle è dannoso per l’economia solo se gli investitori si sono indebitati per investire negli asset sull’orlo dell’esplosione”.

Secondo: per restare nella metafora di prima, pare che lo champagne stia perdendo un po’ della sua effervescenza. In altri termini, il trend delle micro-bolle non sembra destinato a durare ancora a lungo. E in questa previsione c’entra il recente aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi.

 

Cosa c’entra il rendimento dei Treasury con le micro-bolle finanziarie?

I tassi di interesse sono visti come un fattore chiave nel gonfiarsi e nello sgonfiarsi delle bolle finanziarie. Quando i rendimenti dei bond ritenuti sicuri – primi tra tutti i Treasury USA – sono bassi, i guadagni offerti dai titoli azionari in rapida ascesa appaiono più interessanti. E viceversa succede quando i rendimenti obbligazionari riprendono quota.

Appunto. Nelle ultime settimane, il rendimento del Treasury decennale USA è salito intorno all’1,6%, risollevandosi da livelli minimi che non si vedevano da 150 anni. E con l’economia statunitense che sembra rialzare la testa dopo la crisi, i rendimenti potrebbero aumentare ulteriormente, spingendo investitori e addetti ai lavori a rivedere i paradigmi che hanno definito il mercato negli ultimi 12 mesi.

Così gli investitori potrebbero diventare più restii a destinare il loro capitale al finanziamento di imprese rischiose. E alcuni titoli speculativi, che generano poco o nessun utile, fanno affidamento proprio sulla capacità di raccogliere capitali sul mercato azionario per sopravvivere, nota Steen Jakobsen, responsabile degli investimenti in Saxo Bank. Insomma, con i rendimenti delle attività sicure a reddito fisso che aumentano, gli investimenti rischiosi iniziano a sembrare meno allettanti. “Quando i rendimenti reali sono sempre più bassi e non esistono alternative, questi titoli potrebbero essere attraenti. Ma quando i tassi salgono, la musica cambia”.

 


 

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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