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Meccanismi di difesa (finanziaria): come resistere alla “sindrome del giocatore d’azzardo”?

Investitori o giocatori d’azzardo?

È piuttosto facile cadere nella trappola del giocatore d’azzardo che si diletta alla roulette: se è uscito “nero” non potrà che uscire “rosso”, questo è il suo pensiero. Attenzione però a non farci ingannare (o illudere). Le giocate alla roulette sono indipendenti e, assumiamo, non truccate, quindi il nostro giocatore potrebbe subire una lunga sfilza di “neri” prima che possa uscire un “rosso”.

Tradotto in termini borsistici: il mercato potrebbe continuare a scendere (o a salire per chi è “corto”), per molto tempo prima di cambiare direzione. E, cosa ancora più grave, l’investitore potrebbe non riuscire ad avere la pazienza e le risorse sufficienti per mantenere la propria posizione e aspettare un’inversione di tendenza. Permettetemi una citazione:

The market can stay irrational longer than you can stay solvent

(John Maynard Keynes)

Le trappole della mente

La nostra mente tende a manipolare la realtà e a confonderla col desiderio, attribuendo all’evento desiderato (la risalita della borsa, o la vittoria del “rosso” alla roulette), una probabilità di accadimento decisamente superiore a quella reale.

È il cosiddetto wishful thinking: nella nostra mente qualcosa diventa per noi tanto più probabile quanto più è desiderato. Quando però le cose non vanno per il verso sperato si sperimenta un disagio, oltre che finanziario, soprattutto psicologico. Un disagio che deve essere in qualche modo controllato e mitigato.

È qui che entrano in gioco i meccanismi di difesa

In un precedente post ho parlato del principio di Adamo ed Eva, (ossia della tendenza a dare la colpa ad altri per responsabilità che sono solo nostre). Ora voglio accennare al fatto che in situazioni di disagio psicologico derivanti dalla perdita di denaro, cerchiamo di giustificare il crollo del mercato, in maniera anche razionale e convinta, spiegandolo con una mancanza di liquidità del sistema, oppure dicendo a noi stessi che il prezzo di mercato non è rappresentativo del reale valore del titolo o che l’andamento del prezzo del petrolio ha influenzato il corso delle nostre azioni. Oppure ci culliamo nella “convinzione” che prima o poi la tempesta passerà e si navigherà in un mare calmo.

I meccanismi di difesa ci aiutano a giustificare una situazione, ma non risolvono in via definitiva il disagio che stiamo sperimentando. Forse la mossa più azzeccata, almeno per la nostra salute mentale, sarebbe quella di non aprire un quotidiano, non seguire il telegiornale e non collegarsi a internet. Ma la fuga e la negazione della realtà sono solo altri meccanismi di difesa, non certo la soluzione definitiva.

E voi ce l’avete il gene di Gordon Gekko?

Due cose vorrei evidenziare. La prima: dovremmo cercare di avere la lucidità di riconoscere che a volte ci stiamo illudendo e ci stiamo aggrappando a delle giustificazioni che non hanno né capo né coda: se un investimento sta andando male, dobbiamo avere l’onestà di accettare questa realtà.

La seconda: il nostro corpo ci invia continuamente dei segnali, fisici ed emotivi, che dobbiamo imparare a riconoscere. Se la scelta di investimento che abbiamo fatto ci crea disagio (es. perdiamo il sonno o somatizziamo quando guardiamo l’andamento del nostro portafoglio), è bene fermarsi e riflettere. Non tutti sono nati col gene di Gordon Gekko.

Ora vi lascio, che ho bisogno di una camomilla.

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