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I Paesi ricchi di litio pensano a una “Opec mineraria”

Non solo Opec. I Paesi che possono contare su ampie riserve di minerali sempre più richiesti per la produzione delle batterie per le auto elettriche – primo tra tutti il litio, ma anche il nickel e il cobalto – iniziano a pensare a come sfruttare a proprio vantaggio questa ricchezza del loro sottosuolo.

E si fa strada l’idea di nuovi “cartelli”, sulla falsariga di quello più famoso dei produttori di petrolio.

 

Litio, cobalto e nichel, le nuove galline dalle uova d’oro

La domanda globale di litio sta crescendo e i prezzi aumentano di conseguenza, si legge in un articolo di Quartz dedicato al tema.

 

 

Una dinamica destinata a durare per decenni, legata allo sviluppo di sistemi di stoccaggio di energia e – soprattutto – al decollo del settore dei veicoli elettrici, che potrebbe far schizzare la domanda ben oltre i livelli di offerta.

Il motivo? “Il cuore tecnologico della rivoluzione verso la mobilità elettrica è costituito dalle batterie dei veicoli e dunque l’accesso alle materie prime che le compongono sarà cruciale”, scrive S&P Global in un recente report sulle materie prime dei veicoli elettrici.

 

 

Una prospettiva allettante

In un simile scenario, per i Paesi in cui c’è abbondanza di litio, nickel e cobalto la possibilità di aumentare la propria influenza sull’offerta globale di queste materie prime è estremamente allettante.

E come si fa a garantirsi un maggiore potere di determinazione dei prezzi? Per esempio costruendo un cartello, proprio come l’Organizzazione di Paesi esportatori di petrolio (Opec), che da decenni influenza le quotazioni di petrolio, la politica estera e, in definitiva, l’economia globale con le sue decisioni sul taglio o l’aumento della produzione di oro nero.

L’ipotesi sta prendendo piede in modo trasversale, dal Sudest asiatico al Sud America, osserva Quartz.

Qualche esempio? Proprio la settimana scorsa, il ministro degli investimenti indonesiano Bahlil Lahadalia ha detto in un’intervista al Financial Times che il suo Paese sta valutando la creazione di meccanismi ispirati all’Opec per avere un maggior controllo sull’offerta e sulla fissazione dei prezzi di metalli e minerali critici nell’ambito della transizione energetica globale, come nickel, cobalto e manganese.

 

 

E l’idea è di estendere l’iniziativa ad altri Paesi produttori.

Qualcosa di simile sta accadendo anche in Sudamerica: stando all’agenzia di stampa nazionale argentina Telam, Argentina, Bolivia e Cile – spesso definiti “il triangolo del litio”, poiché insieme siedono sul 58% delle riserve mondiali di questo minerale sempre più prezioso – sarebbero in “trattative avanzate” per la creazione di un meccanismo in grado di dare loro il controllo sui prezzi del litio a livello globale.

Anche qui, naturalmente, l’obiettivo è quello di far salire a bordo altri grandi produttori, a partire dall’Australia, attualmente primo produttore mondiale di litio.

 

 

Ostacoli sulla via per una “Opec non petrolifera”

Ora, non è la prima volta che qualcuno pensa a un cartello in stile Opec per materie prime diverse dal petrolio – se n’era parlato per esempio negli anni Settanta per la bauxite (utilizzata nella produzione di alluminio) e per il rame. Ma poi non se n’è mai fatto niente.

Per il momento non ci sono molti dettagli su come dovrebbe funzionare questa ipotetica “Opec mineraria”, ma sulla sua strada ci sono sicuramente due grossi ostacoli, che potrebbero rendere difficile la creazione del cartello o ridurne la possibile influenza, argomenta l’articolo di Quartz.

Tanto per cominciare, i vari governi potrebbero non essere allineati su come intendono gestire e sfruttare le risorse minerali di cui sopra.

 

 

E poi c’è la questione della Cina

Attualmente la Cina è il maggiore produttore di veicoli elettrici e controlla il 58% della capacità di lavorazione del litio a livello mondiale, pur potendo contare a malapena sul 6% delle risorse globali del minerale.

Questo significa che i membri dell’ipotetico cartello dovrebbero comunque dipendere da Pechino per processare il litio grezzo e trasformarlo in una forma utilizzabile per la produzione di batterie.

Non solo. La Cina è anche coinvolta pesantemente in progetti di estrazione del litio in Sud America e anche l’Indonesia dipende dagli investimenti cinesi per sviluppare i suoi progetti di nickel e cobalto.

Insomma, Pechino manterrebbe comunque un certo potere in qualsiasi cartello di minerario, almeno nel medio termine. Torna in mente Jep Gambardella, quando dice: “io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire”.

 


 

 

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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