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#IlGraffio: sai quanto valgono i tuoi dati personali su Facebook e Google?

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Se non paghi un prodotto, non sei il cliente: sei il prodotto venduto

Questa definizione, coniata da un utente del community weblog MetaFilter, inquadra alla perfezione i servizi di alcuni big della rete come Google, Facebook, Apple, LinkedIn, Bankrate, Yelp, Twitter.

Queste società offrono servizi gratuiti in cambio dello “sfruttamento” dei nostri dati: quando si naviga sul web e si chatta sui social network, a fronte dell’accesso gratuito, gli utenti accettano di essere osservati dal buco della serratura lasciando tracce e dati, che assumono un valore commerciale per la rete, imprese, intelligence, governi.

Sul business è caduta la tegola della sentenza del 5 ottobre 2010 della Corte di Giustizia europea. La Corte ha invalidato l’accordo, definito safe harbour, che è sinora servito per gestire il passaggio di dati sensibili e personali dagli utenti europei di big data ai centri di elaborazione (data center & storage) negli USA, sulla base del principio (nella versione europea) di protezione della privacy.

Il tema non è solo giuridico (vertendo sulla diversa concezione di privacy: massima tutela in Europa, servizio negoziale se ad un prezzo equo negli USA), ma soprattutto economico: quanto valgono i dati personali per chi li gestisce e li vende a imprese, governi, agenzie di controspionaggio? Hanno un valore economico? E in caso affermativo, qual è il tornaconto per l’utente?

Il business (a stelle e strisce) dei servizi online e cloud

Oggi, il 54% dei servizi online proviene da imprese USA e solo il 4% da imprese europee. Si stima che nel 2016 circa 340 milioni di persone avranno trasferito i propri dati a un cloud, attraverso una rete che è una sorta di grande autostrada planetaria, fatta di 800.000 km di cavi sotterranei che collega i nostri pc, tablet, smartphone alla rete telefonica più vicina (router). Da qui a snodi locali che trasmettono, in tempo reale, dati ed informazioni al data center più vicino, collegati in modalità web e cloud.

In questo modo, si eliminano i dati fisici e si creano quelli virtuali in rete, a disposizione del server (chi fa il servizio di storage) e gestiti dall’amministratore dei dati che, attraverso software ad hoc, elabora e raffina i dati raccolti, mettendoli a disposizione del cliente finale. Quest’ultimo che compra i dati per utilizzarli a fini:

  • commerciali (profilazione del cliente e quindi contatti mirati per vendere servizi e beni: ecco la fonte di email e messaggi promozionali ricevuti quotidianamente);
  • di controspionaggio (lotta alla criminalità e terrorismo);
  • amministrativi, da parte del governo (uffici delle entrate, anagrafe tributaria e residenziale).

Quanto vale questo business?

Quanto valgono cloud e servizi online?

La società di consulenza BCG stima che entro il 2020 l’8% del PIL UE verrà da servizi online e cloud (quindi, circa 1.000 miliardi di euro nel 2020); stime più prudenti indicano un contributo dell’1,9% al PIL europeo, quasi 260 miliardi di euro. Vendite on-line, biglietterie informatiche (viaggi, acquisto biglietti per concerti, eventi, visite museali, cinema), scommesse, servizi finanziari, acquisto di dati ed informazioni, altri servizi ancora da inventare.

È la nuova economia, fruibile comodamente seduti davanti al pc di casa, o sdraiati sul divano (quindi, più sensibili agli stimoli commerciali), in auto e camminando per le vie della città.

Questi valori sono riflessi nella capitalizzazione di Borsa dei grandi colossi internet: Facebook vale $262 miliardi, Twitter 19 miliardi, LinkedIn 25 miliardi. Nuovi player entreranno nel mercato e cercheranno di crescere e conquistare spazi di nuove attività. “Avanti, c’è posto!” per la nuova imprenditorialità.

Dibattuti fra un improbabile ritorno al “buon selvaggio poco informatico” e un “grande fratello”, sarà bene essere tutti consapevoli che la dinamo informatica è la macchina che darà forma alla nuova società del XXI secolo.

Scritto da

Classe 1955, laurea in Giurisprudenza all’Università di Torino, master in direzione aziendale alla SDA Bocconi, corsi di perfezionamento alla Harvard Business School. Trentennale esperienza professionale nella finanza bancaria (Citigroup, JPMorgan, Merrill Lynch), finanza di impresa (Finanza Straordinaria Fiat holding, CFO Saiag Comital), consulenza strategica (partner Gea); ha costituito Griffa & Associati, che si occupa di operazioni societarie: fusioni, acquisizioni, M&A, ristrutturazioni industriali e finanziarie. Appassionato di montagna e di mare, lettore di saggi di storia ed economia, dilettante ai fornelli con grande soddisfazione dei figli (azionisti di maggioranza) ed amici. Chief editor del think tank ItaliAperta, collabora a Smartweek.it con la sua “una tazzina di caffè…”: gusto forte e concentrato, ogni mattina.

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