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Sostenibilità, cinque modi in cui l’ESG può creare valore per le aziende

La sensibilità collettiva verso tematiche ambientali e sociali è cresciuta a dismisura – anche se non ancora abbastanza – negli ultimi 20 anni, tanto che oggi l’attenzione ai criteri ESG1 (Enviromental, Social, Governance) è un aspetto che le aziende non possono ignorare.

Anche gli investimenti “responsabili” hanno vissuto un’impennata vertiginosa: a livello globale infatti, hanno raggiunto i 30 trilioni di dollari, con un incremento del 68% dal 2014 (sono decuplicati dal 2004).

Questa dinamica è stata sicuramente guidata dalla sempre maggiore attenzione di governi e consumatori all’impatto delle aziende su pianeta e società, ma anche dalla maturata consapevolezza da parte di imprenditori e investitori che una buona strategia ESG può determinare il successo di lungo termine di un’impresa.

E attenzione, quella per l’investimento sostenibile non è una “cotta passeggera”: l’entità dei flussi, scrive McKinsey2, lascia intendere che si tratta di un trend destinato a proseguire nel tempo.

Anche perché, come dimostrano numerosi studi, le società attente a tematiche ambientali, sociali e di governance non devono mettere in conto una perdita di valore, anzi il contrario: tendenzialmente infatti, un buon punteggio ESG si associa a ritorni azionari più elevati e a una riduzione del downside risk.

Ma come, esattamente, l’attenzione a tematiche ambientali, sociali e di governance contribuisce a creare valore, nel senso finanziario del termine? Un recente studio firmato McKinsey individua cinque modalità.

 

1) Facilitare la crescita a livello di top line

Una proposta ESG solida aiuta le aziende ad aggredire nuovi mercati e ad espandersi in quelli esistenti. Quando le autorità di governo si fidano degli attori aziendali, è più probabile che concedano loro l’accesso, le approvazioni e le licenze. Ad esempio, in un recente progetto infrastrutturale pubblico-privato in California, le società selezionate per partecipare sono state scelte proprio in base alle loro precedenti performance in termini di sostenibilità, scrive McKinsey.

Anche sul fronte consumatori si nota una certa sensibilità al tema, con diversi clienti che si dicono disposti a pagare per una scelta “verde”. Ci sono ovviamente delle eccezioni – compresi i clienti che si rifiutano di pagare anche solo l’1% in più – ma nel complesso l’analisi di McKinsey rileva che oltre il 70% dei consumatori intervistati sugli acquisti in diversi settori, tra cui quello automobilistico, edilizio, elettronico, pagherebbe un 5% in più per un prodotto verde se rispettasse gli stessi standard di performance di un’alternativa non verde.

I risultati sono reali. Quando Unilever ha sviluppato Sunlight, un marchio di detersivi per piatti che utilizzava molta meno acqua rispetto agli altri marchi, le vendite hanno superato di oltre il 20% la crescita della categoria in diversi mercati con scarsità d’acqua.

 

 

2) Ridurre i costi

L’attenzione ai fattori ESG può anche aiutare a ridurre sostanzialmente i costi, contrastando per esempio l’aumento delle spese operative (come i costi delle materie prime e il costo reale dell’acqua o del carbonio): stando alla ricerca McKinsey, questo può influenzare i profitti operativi fino al 60%.

Analizzando l’efficienza relativa delle risorse delle aziende all’interno dei vari settori –grazie a una metrica che mette in relazione la quantità di energia, acqua e rifiuti utilizzati con i ricavi – lo studio ha rilevato inoltre che esiste una correlazione significativa tra l’efficienza delle risorse e la performance finanziaria.

 

3) Minimizzare gli interventi normativi e legali

Un elevato punteggio ESG può consentire alle aziende un più ampio margine di manovra a livello strategico, allentando la pressione normativa. La posta in gioco può essere più alta di quanto si pensi: stando all’analisi di McKinsey, in media circa un terzo dei profitti aziendali è a rischio di intervento statale. Naturalmente l’impatto della regolamentazione varia da settore a settore – nel mondo bancario e finanziario, dove la normativa è particolarmente severa, la quota sale al 50-60%.

 

4) Aumentare la produttività dei dipendenti

Una buona proposta ESG può aiutare le aziende ad attrarre e trattenere talenti, a migliorare la motivazione dei dipendenti indirizzandoli verso un obiettivo comune e ad aumentare la produttività in generale. E la soddisfazione dei dipendenti è positivamente correlata ai rendimenti azionari.

Ad esempio, scrive McKinsey, Alex Edmans della London Business School ha scoperto che le aziende entrate nella classifica delle “100 Best Companies to Work For” di Fortune hanno generato rendimenti azionari dal 2,3% al 3,8% in più all’anno rispetto ai loro competitor su un orizzonte temporale di oltre 25 anni.

 

5) Ottimizzare gli investimenti e le spese in conto capitale

Infine, sul fronte degli investimenti, l’attenzione ai fattori ESG permette di indirizzare meglio il capitale, destinandolo a opportunità promettenti (e possibilmente sostenibili) ed evitando investimenti a rischio di problemi ambientali sul lungo periodo (pensiamo alle massicce svalutazioni nel settore petrolifero). Quando si parla di ESG è importante tenere a mente che non fare niente significa, a tendere, lasciarsi travolgere dai problemi.

Continuare a utilizzare impianti a elevato consumo di energia per esempio, può tradursi nel prossimo futuro in maggiori costi da sostenere. Così come potrebbe costare caro non reagire di fronte ai divieti o alle limitazioni su cose come la plastica monouso o le auto a gasolio nei centri città, che introdurranno nuovi vincoli per diverse aziende. Insomma, le regole del gioco stanno cambiando, la normativa in ambito ambientale si fa sempre più severa e aspettare passivamente è sicuramente la scelta meno lungimirante.

 



1 – Financial Brief | Investimenti socialmente sostenibili: moda o metodo?
2 – The ESG premium: New perspectives on value and performance, fonte: Mckinsey & Company

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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