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Cosa succede ai nostri soldi se Evergrande fallisce?

Nei giorni scorsi, a proposito della vicenda Evergrande, un lettore ci ha scritto: “Gradirei, se possibile, qualche previsione quantitativa sull’impatto in caso di scenario peggiore, sui fondi obbligazionari e immobiliari americani ed europei. Oltre ai 300 miliardi di debiti, dobbiamo pensare anche alle conseguenze per fornitori, dipendenti. Quanto si estende fuori della Cina il problema?”. Una domanda sicuramente molto interessante.

Ma dove eravamo rimasti? Ah già: a giovedì 23 settembre, data di scadenza dei termini per il versamento di circa 84 milioni di dollari di interessi su un’obbligazione da 2 miliardi che giunge a maturazione a marzo1 . E poi? Cos’è successo al gruppo immobiliare China Evergrande e, soprattutto, ai mercati? Vediamo di scoprirlo insieme.

 

Evergrande: cos’è successo dopo il 23 settembre?

La società ha mancato la scadenza e non ha effettuato il pagamento. E, come riporta Bloomberg, al momento è soggetta a maggiori restrizioni sui suoi conti bancari, dato che i regolatori vogliono assicurarsi che utilizzi i soldi ivi depositati per completare i progetti abitativi e non per pagare i suoi creditori. Azioni e obbligazioni continuano a soffrire.

E adesso?

 

Il governo cinese non può non intervenire

Al momento, secondo alcuni osservatori, il governo cinese evita di intervenire platealmente affinché non passi il messaggio che qualunque azzardo è consentito, tanto poi ci pensa Pechino.

Eppure, la predisposizione di un cordone sanitario è inevitabile e, di fatto, è già partita: dopotutto, il crollo di un colosso con ramificazioni in qualunque comparto dell’economia cinese, com’è appunto Evergrande, si ripercuoterebbe su tutto il sistema finanziario e sui molti milioni di proprietari di case cinesi. E l’onda d’urto sarebbe tale da sollevare malcontento e indebolire il Partito Comunista.

Secondo quanto scrive Bloomberg, pare quindi che Pechino, oltre a fare pressione affinché Evergrande soddisfi i suoi molti obblighi, abbia incaricato le autorità nel Guangdong di mettere a punto un piano per gestire il debito dell’azienda, compreso il coordinamento con i potenziali acquirenti dei suoi beni.

Non solo: i regolatori hanno firmato una proposta per permettere a Evergrande di rinegoziare i termini di pagamento con banche e altri creditori, aprendo la strada a un’altra tregua temporanea.

 

Evergrande sotto pressione: chi rischia di più?

A rischiare sono, ad oggi, soprattutto le decine di migliaia di famiglie cinesi che hanno sottoscritto i suoi prodotti ad alto rendimento. E in non pochi casi a fare da grimaldello sono stati i fondi fiduciari – i cosiddetti “trust”.

Come spiega molto bene Bloomberg in un articolo sulle ricadute negative del caso Evergrande che travalicano i mercati e arrivano a toccare l’investimento patrimoniale2, dopo che le banche sono state indotte a tagliare i loro prestiti al settore immobiliare, la dipendenza di Evergrande dai trust e da altri prodotti di “asset management” ha iniziato ad aumentare.

A fine 2019, Evergrande aveva fatto affari con la maggior parte delle 68 società di trust in Cina, le quali rappresentavano il 41% del suo finanziamento totale. Poi, nel 2020, in risposta ai problemi finanziari del gigante immobiliare, queste società si sono fatte più caute. Non solo: stanno anche riducendo la loro esposizione ad altri operatori, segno questo che i guai di Evergrande minacciano l’intera industria immobiliare, la quale rappresenta più del 15% dell’economia cinese.

“I trust hanno tagliato i prestiti in essere alle società immobiliari di 201 miliardi di yuan nella prima metà di quest’anno”, scrive Bloomberg. “Si tratta di un calo del 17%, secondo l’associazione dei trust”.

Nonostante questo, i trust rimangono la più grande fonte di debito diretto di Evergrande, superando prestiti bancari e obbligazioni, come ha segnalato a Bloomberg Christopher Yip, direttore senior di S&P Global Ratings.

 

 

Ma oltre i trust c’è di più: caccia agli investitori retail

Quando i trust hanno iniziato a tirarsi indietro, il colosso avrebbe cominciato a vendere i suoi prodotti ad alto rendimento al personale, agli acquirenti di case e ad altri. E non avrebbe – sempre secondo Bloomberg – disdegnato il ricorso a tattiche di vendita anche abbastanza aggressive.

“Quando, quest’anno, le azioni e le obbligazioni hanno iniziato a crollare, Evergrande ha inviato una chiara direttiva ai dipendenti: trovate acquirenti per i fondi d’investimento ad alto rendimento della società o il vostro lavoro potrebbe essere a rischio”, riporta Bloomberg.

Molti dipendenti hanno aderito, non solo comprando i prodotti per sé ma anche incoraggiando amici e familiari a fare lo stesso. Mesi più avanti, dopo che il colosso non è riuscito a effettuare i pagamenti previsti sui prodotti, alcuni dei quali offrivano rendimenti fino al 10%, dipendenti e investitori arrabbiati si sono ritrovati a protestare fianco a fianco.

Ed è questo incipiente malcontento a mettere sotto pressione Pechino. Insieme al timore che il contagio tracimi definitivamente nel settore dei trust, un’industria da 3mila miliardi di dollari, cosa che potrebbe mettere a rischio molti più investitori, oltre alla maggior fonte di finanziamento non bancaria del settore immobiliare nel suo complesso.

E non finisce qui.

 

Fari puntati anche su Evergrande Wealth

Nel 2015, come ricorda Bloomberg, il presidente di Evergrande Hui Ka Yan ha dato vita a un’unità d’investimento separata nota come Evergrande Wealth per cercare nuove fonti di finanziamento per le sue molte attività. Altri prodotti ad alto rendimento sono quindi stati venduti attraverso questo “gestore patrimoniale indipendente”, che – sottolinea Bloomberg – opera in uno degli angoli meno regolamentati del vasto sistema bancario ombra cinese.

In buona sostanza, si temono sorprese poco piacevoli anche da questo côté.
 

Cosa succede ai soldi degli investitori esposti se Evergrande fa default?

Ipotizziamo pessimisticamente che Evergrande faccia default e vada a zero: è veramente importante per i risparmiatori italiani? Le sue obbligazioni e note di credito sono un ingrediente importante della farcitura dei portafogli dei fund manager dei prodotti distribuiti in Italia?

Stando a una nota di Morningstar3, il peso sembra contenuto. Teniamo presente che la Cina è ormai strettamente interconnessa con il resto del mondo manifatturiero, ma a livello finanziario e in particolare creditizio no, non lo è ancora.

Quindi sta per succedere il finimondo, con esplosione in stile Lehman? Piuttosto improbabile, benché ovviamente non impossibile.

Ovvio che, con le Borse carissime da mesi e le pressioni inflazionistiche che non si possono ignorare, i mercati siano pronti a correggere. Quindi sì, volatilità e “giornate con segno meno” sono piuttosto probabili.

“Ma non ci aspettiamo un ‘Lehman II – la vendetta’”, dice Raffaele Zenti, head of finance & data science e co-fondatore di Virtual B (società che possiede il blog AdviseOnly). E aggiunge: “Personalmente, credo che giornate di correzione un po’ incisiva siano occasioni di acquisto sull’azionario (parliamo di asset class, non singole azioni: quindi Etf o fondi) a prezzi un filo migliori di quelli visti negli ultimi mesi”.

Calma e gesso, quindi. Anche perché, in generale, a mantenere i nervi saldi c’è sempre da guadagnarci.

 



1. La bolla immobiliare cinese sta per scoppiare?
2. Bloomberg: la crisi si espande?
3. Morningstar: gli investitori si devono preoccupare?

 

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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