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Investimenti ESG: scopriamo il nuovo regolamento Sfdr europeo

Il primo mattone è stato posato. Lo scorso 10 marzo è entrata in vigore in Europa la Sustainable finance disclosure regulation, un nuovo regolamento volto a disciplinare il mondo degli investimenti ESG (acronimo di Environmental, Social e Governance).

La normativa – che riguarda i “partecipanti ai mercati finanziari”, tra cui le sgr e i consulenti finanziari – punta a stabilire regole armonizzate nel Vecchio Continente sulla rendicontazione dei cosiddetti “rischi di sostenibilità” nei portafogli dei gestori (qui, per chi fosse interessato, è possibile leggere il testo integrale).

Il regolamento, rileva Assogestioni, è destinato ad avere un impatto significativo sulla comunicazione agli investitori, perché introduce specifici requisiti di disclosure da pubblicare su documenti di offerta, comunicazione commerciale, relazioni periodiche e siti web dei soggetti interessati.

Gli obblighi previsti dal Sfdr, in realtà, corrono su due binari paralleli:

  • da un lato, come accennato, riguardano le informazioni (informativa sul sito web, informativa precontrattuale o informativa periodica) che i soggetti interessati sono tenuti a pubblicare in merito alle loro pratiche ESG;
  • dall’altro, si focalizzano sui prodotti finanziari, che in base alle loro caratteristiche vengono classificati e disciplinati in modo diverso all’interno dell’universo ESG.

 

Più trasparenza sui risultati degli investimenti “verdi”

Nello specifico, i soggetti interessati dai nuovi obblighi di disclosure sulla sostenibilità dovranno pubblicare sui propri siti web (art. 3) e sull’informativa pre-contrattuale (art. 6) informazioni relative alle politiche adottate per integrare i rischi di sostenibilità nei loro processi decisionali di investimento. Non solo. Nell’informativa pre-contrattuale dovranno citare anche i probabili impatti che i rischi di sostenibilità potrebbero avere sul rendimento dei prodotti finanziari.

Attenzione, resta la libertà di scelta: i soggetti interessati dalla normativa possono anche decidere di non prendere affatto in considerazione i fattori e i rischi di sostenibilità. Ma – e qui viene il bello – dovranno motivare la loro scelta su siti web e informativa pre-contrattuale (art. 4 e art. 6), in base a un meccanismo chiamato “comply or explain”, cioè “adeguati, altrimenti spiega”. Insomma, l’incentivo a passare “al lato verde della forza” appare chiaro.

L’articolo 5 stabilisce invece che i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari includano nelle loro politiche di remunerazione (e pubblichino sui loro siti web) informazioni su come queste politiche sono coerenti con l’integrazione dei rischi di sostenibilità. In altre parole, le politiche di remunerazione di gestori e consulenti non dovrebbero incentivare in alcun modo l’assunzione di rischi di sostenibilità.

Quanto al focus sui prodotti, i due articoli centrali sono l’8 e il 9 che, a seconda delle caratteristiche, richiedono informazioni più o meno dettagliate (si parla di “verde chiaro” per i prodotti articolo 8 e di “verde scuro” per quelli che rientrano nell’articolo 9, proprio per indicare il livello crescente di disclosure richiesta).

Nel dettaglio, ricadranno all’interno dell’articolo 8 (e da esso saranno disciplinati) gli strumenti finanziari che “promuovono caratteristiche ambientali o sociali, o una combinazione di tali caratteristiche”.

Ricadranno invece nell’articolo 9 i prodotti che hanno come obiettivo investimenti sostenibili (con o senza un indice di riferimento) o quelli che puntano alla riduzione delle emissioni di carbonio. In questa categoria dovrebbero rientrare per esempio i prodotti di impact investing.

La strada è ancora lunga…

Abbiamo accennato al fatto che il nuovo regolamento costituisca solo un “primo mattone” nella disciplina degli investimenti ESG. Sì, perché quella fornita dall’Sfdr è solo una normativa di primo livello, una sorta di cornice che dovrà essere completata con l’approvazione dei cosiddetti “standard tecnici” (o Rts, acronimo di Regulatory technical standards).

Il progetto è ambizioso, ma si scontra con qualche intoppo a livello di tempistica. Per l’entrata in vigore degli standard attuativi, infatti, ci vorrà più tempo del previsto.

Lo scorso 4 febbraio, le tre autorità di vigilanza europee – la European banking authority (Eba), la European insurance and occupational pensions authority (Eiopa) e la European securities and markets authority (Esma) – hanno presentato una bozza di report finale sugli Rts che, si prevede, entreranno in vigore non prima del primo gennaio 2022.

Ma con un intervento successivo, le stesse autorità hanno sottolineato che il termine potrebbe slittare ancora se gli Rts non saranno finalizzati entro il 30 giugno di quest’anno. Il motivo? Gli ostacoli sono principalmente a livello operativo: cambiare i regolamenti, la modulistica e persino l’approccio agli investimenti richiede tempo.

Alla luce di queste tempistiche, la Commissione Europea ha comunque sottolineato che l’applicazione del regolamento non è subordinata all’adozione formale e all’entrata in vigore degli Rts. Nell’attesa, la bozza finale può costituire infatti un’utile guida all’interpretazione della normativa in quanto, già al primo livello – quindi nell’Sfdr – vengono stabiliti i principi generali dell’informativa relativa alla sostenibilità.

 

Un punto di non ritorno per gli investimenti Esg

Al netto di ritardi ed eventuali difficoltà applicative, resta il fatto che il nuovo regolamento UE sull’informativa sulla finanza sostenibile segnerà un cambio di passo nel mondo della finanza, portando a galla su ampia scala l’impatto sociale e ambientale generato dai prodotti finanziari.

Potrebbe inoltre contribuire ad arginare il fenomeno del “greenwashing” (letteralmente “verniciata di verde”), che si verifica quando la denominazione ESG diventa una scelta di marketing più che una questione di etica.

L’Sfdr rientra tra l’altro all’interno di un progetto normativo più ampio a livello di Unione Europea, che punta a creare un ecosistema integrato di norme vincolanti in ambito ESG.

Proprio in quest’ottica si inserisce infatti anche il “regolamento Tassonomia” (entrerà in vigore più avanti), che definisce i criteri in base ai quali un’attività economica è considerata ecosostenibile.

 


Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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