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Le 3 criticità che possono presentarsi (e che devi conoscere) prima di investire

 
Arbitro per le Controversie Finanziarie: vi ricordate cos’è e a cosa serve? In passato ve ne abbiamo parlato: è uno strumento di risoluzione delle controversie tra investitori individuali e intermediari, che possono sorgere a seguito della violazione degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza imposti a chi presta servizi d’investimento o il servizio di gestione collettiva del risparmio1. È stato istituito dalla Consob nel 2016 e ogni anno fa una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente.

Siamo qui a parlarne di nuovo perché è da poco uscita la relazione sul 20202. Una relazione che offre tantissimi spunti, sui quali ogni probabilità torneremo.

Intanto vogliamo mettere l’accento sulle principali “criticità” rilevate dall’ACF nei rapporti tra risparmiatore e intermediario ed esposte nella nota illustrativa del presidente3. Lette in controluce, queste criticità offrono un set di preziose lezioni di cui chi ci segue può fare tesoro per non farsi trovare impreparato/a all’avvio di un rapporto di investimento.
 

I 3 punti di criticità all’avvio dell’investimento

Cominciamo col dire che, secondo quanto riporta l’ACF, i reclami più ricorrenti riguardano gli scambi di informazioni preliminari all’investimento, in particolare:

• la somministrazione e l’aggiornamento del questionario di profilatura;
• l’informazione preventiva;
• la valutazione di adeguatezza/appropriatezza.

Sono punti tutt’altro che secondari, e spesso e volentieri gli investitori sbagliano credendoli poco rilevanti. Li vediamo uno per uno.

 

Questionario di profilatura: cos’è e a cosa serve?

Il questionario di profilatura serve a raccogliere le informazioni necessarie per definire con accuratezza e piena attendibilità il livello di conoscenza ed esperienza, gli obiettivi d’investimento e la propensione al rischio dell’investitore.

Ogni intermediario può avvalersi di un suo schema, ma è essenziale che contenuti e modalità di somministrazione siano tali da “non tradire le finalità per cui ne è prevista la redazione”. Non va assolutamente bene, per esempio, un questionario che inviti il risparmiatore a esprimere con un laconico “sì” o “no” il suo grado di conoscenza di una serie di prodotti finanziari, accorpati in un’unica macrocategoria ma diversi tra loro per caratteristiche e livello di rischio intrinseco (giusto per citarne una, le obbligazioni: ce ne sono di tipi diversi, con peculiarità e tratti salienti anche molto differenti)4.

Un’impostazione di questo tipo “non consente di accertare il livello effettivo di conoscenza di ciascuna categoria omogenea di strumenti finanziari da parte del cliente profilato e rende un quadro informativo non attendibile” e potenzialmente ingannevole. Bisogna invece che l’intermediario ponga domande chiare, nell’ambito di un questionario coerente, esauriente e comprensibile.

Vanno evitate le domande “a batteria” e va invece posta attenzione all’ordine delle domande stesse, che deve avere “un’intrinseca e logica conseguenzialità per massimizzare la valenza informativa del questionario”.
 

Non sottovalutate il questionario iniziale

Né intermediari né investitori devono sottovalutare il questionario. Certe volte, ci dice in sostanza l’ACF, gli investitori non lo vedono neppure: viene infatti confuso “tra la varia modulistica funzionale all’investimento, tanto da essere sottoscritto da risparmiatori che si dichiarano poi ignari dei suoi contenuti”.

Siccome però, sottoscrivendolo, l’investitore se ne assume la paternità, con tutto ciò che ne consegue, è bene che non si limiti passivamente a sottoscriverlo ma collabori attivamente alla sua redazione, evidenziando eventuali difformità tra notizie e dati inseriti e il suo profilo.

E se l’intermediario, da parte sua, è chiamato a utilizzare “un linguaggio diretto, semplificato e che rifugga quanto più possibile da tecnicalità” e a tener conto “del livello d’istruzione dell’investitore, oltre che della sua esperienza pregressa in materia di investimenti finanziari”, l’investitore da parte sua deve “mettere a disposizione dell’intermediario, senza reticenze o omissioni, i dati e le notizie sulla propria situazione finanziaria”, in assenza dei quali il profilo delineato nel questionario “potrebbe rivelarsi deficitario e non attendibile”.

Forse ricorderete che alla redazione del questionario deve seguire una costante e periodica attività di manutenzione e aggiornamento delle informazioni: se ve ne siete scordati, ve lo ricordiamo noi. Anche questo è un momento che non dovete assolutamente trascurare.
 

 

L’informazione preventiva non è un pro forma

Basta mettere a disposizione dell’investitore la documentazione informativa o il prospetto d’offerta dello strumento finanziario, oppure ancora le schede prodotto? Certo che no. Perché anche nell’informazione preventiva l’intermediario deve “tenere conto delle caratteristiche soggettive del risparmiatore e modulare in base ad esse il flusso informativo più idoneo”.

Quel che si rileva, ci dice ACF, “è la tendenza da parte di molti intermediari all’adempimento rituale ma non anche sostanziale degli obblighi d’informazione preventiva”. Un vero peccato, considerando che un’interazione basata su un flusso informativo idoneo a minimizzare le asimmetrie informative e a trasmettere autentica consapevolezza all’investitore retail può dare molti benefici in termini di consolidamento del rapporto di fiducia.

 

La valutazione di adeguatezza/appropriatezza dell’investimento

Oggi la normativa impone all’intermediario l’obbligo di valutare l’adeguatezza/appropriatezza degli investimenti proposti alla clientela. E anche qui, per usare le parole dell’Arbitro, “permangono apprezzabili margini di miglioramento”.

Anzitutto, non sempre il processo di valutazione è risultato tracciato attraverso procedure idonee. “La valutazione di adeguatezza”, ci ricorda il presidente dell’ACF nella nota introduttiva alla relazione annuale 2020, “va condotta mettendo in combinato disposto il profilo dell’investitore e le caratteristiche dei prodotti finanziari, nell’ambito di un processo operativo che metta al centro le esigenze, anzitutto informative e conoscitive, del cliente”.

E invece? Invece in alcuni casi “la valutazione è risultata essere stata condotta in modo opportunistico e strumentale”. Rientra in questa casistica il comportamento dell’intermediario che – attenzione – “rilevata la non adeguatezza di un’operazione d’investimento, pressoché contestualmente la riproponga facendola figurare ‘ad iniziativa cliente’, potendo così operare in regime di sola appropriatezza”.

Come dire: questa cosa non va bene per te? E io te la faccio andare bene lo stesso. Non il massimo, nell’ottica del miglior servizio al cliente.
 

Come valutare l’adeguatezza dell’investimento?

Suona quasi strano che l’ACF debba ribadirlo, ma a un certo punto avverte la necessità di sottolineare che l’intermediario deve tenere conto “anche del complesso degli investimenti in essere, al fine di evitare situazioni di eccesso di concentrazione di titoli di un medesimo emittente nel portafoglio del cliente, fattore in sé incrementale del livello di rischio”.

La valutazione di adeguatezza, inoltre, non dovrebbe prescindere dal sottoporre al cliente una pluralità di alternative d’investimento, tramite comparazione di prodotti e strumenti finanziari omogenei e ritenuti compatibili con il profilo dell’investitore, fornendo anche chiara e piena comunicazione su costi e regime commissionale, in linea con le nuove regole dettate da MiFID II.

L’ACF, su questo punto, segnala una crescita progressiva del contenzioso riguardante il regime commissionale e i costi connessi agli investimenti, “divenuta più marcata nell’anno appena conclusosi”.

Per assolvere in modo professionale e corretto i propri doveri, poi, l’intermediario che rileva la non appropriatezza di un investimento deve illustrarne con chiarezza e puntualità i relativi motivi, “perché solo ciò permette all’investitore retail di valutare con autentica consapevolezza il giudizio espresso e orientarsi di conseguenza”.
 



1. Nel post L’investitore pigro rischia grosso e nel post AAA cercasi trasparenza negli investimenti
2. Relazione annuale ACF
3. Nota illustrativa del presidente ACF sulla relazione 2020
4. #ABCFinanza: che cosa sono le obbligazioni?

 

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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