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HomeCAPIRE LA FINANZAFINANZA PERSONALEEnnesima idea brillante: comprare minicubi di tungsteno. Ma ha senso?

Ennesima idea brillante: comprare minicubi di tungsteno. Ma ha senso?

Voi non potete certamente saperlo, ma chi vi sta scrivendo in questo momento al liceo riuscì a prendere quattro-meno-meno a un compito in classe di chimica. All’epoca, chi vi scrive non trovava la tavola periodica degli elementi di alcun interesse. Abbiate comprensione: avevo sì e no 16 anni e il lobo frontale ancora in via di sviluppo (se possiamo considerarla buona come giustificazione, e ammesso e non concesso che vi sia stata un’evoluzione da allora).

Col tempo, chi vi scrive ha profondamente cambiato idea: prenderebbe ancora un quattro-meno-meno (o poco più) in chimica, ma almeno oggi – più di un quarto di secolo dopo – ne comprende l’importanza sullo scacchiere della geopolitica e dell’economia. Potremmo quasi dire: della geoeconomia.

Pensateci: quante volte vi abbiamo già parlato di terre rare? Oggi ci concentriamo su un altro elemento. Un metallo. In svedese il suo nome vuol dire “pietra pesante”, da tung, “pesante”, e sten, “pietra”. Ma è anche conosciuto con il suo nome tedesco, wolframio, ragion per cui il suo simbolo sulla tavola periodica è “W”.

 

Sì, oggi vi parliamo del tungsteno: cos’è e perché?

Iniziamo dal perché: di recente abbiamo ricevuto un’interessantissima newsletter di Quartz sul tema che ci è piaciuta molto e che, quindi, vi vogliamo raccontare. Considerato anche che le battaglie geoeconomiche non schierano sul campo solo l’arsenale del petrolio, del gas e quant’altro, ma anche quello dei metalli e dei minerali. Avete presente la crisi dei microchip e la carenza di semiconduttori? Ecco, siamo sempre in quell’ambito lì.

Non troverete un metallo più potente del tungsteno, che è più duro, più denso e più resistente al calore di quasi tutti gli altri elementi della tavola periodica”, ci dice il team di Quartz che ha realizzato la newsletter (scritta da Nicolás Rivero, editata da Liz Webber e prodotta da Jordan Weinstock). “Le sue proprietà chimiche uniche lo hanno reso un ingrediente chiave in tutto, dalle lampadine ai motori a razzo ai reattori a fusione nucleare, e un punto sensibile nel quadro delle tensioni geopolitiche nel secolo scorso”.

Così come, ci avverte il team, non esiste al mondo metallo più amato dai meme trader, che di recente hanno fatto assurgere a loro nuova asset class prediletta-più-di-tutte minuscoli cubi di tungsteno. Quartz ci racconta infatti che alcuni influencer della finanza hanno iniziato a sborsare 3.500 dollari per cubi di circa 10 centimetri, e del peso di 19 chilogrammi, di questo metallo pesante.

 

 

Va bene tutto, ma che cos’è il tungsteno?

Il tungsteno – il cui mercato ha dimensioni che ammontano a circa 6-9 miliardi di dollari – non si trova in natura allo stato puro e metallico. Bisogna: 1. scavare i minerali di tungsteno, ovvero scheelite e wolframite; 2. polverizzarli; 3. sottoporre la polvere che da ciò risulta a un impegnativo processo di raffinazione che prevede la sua “tostatura” a 800 gradi Celsius e la bollitura in acido cloridrico. Se ne ricava una polvere di tungsteno puro, la quale viene poi schiacciata ed elettrificata fino a diventare una densa barra di metallo.

La particolare densità e durezza del tungsteno lo rendono il metallo perfetto per una serie di applicazioni squisitamente di nicchia. Tra i vari utilizzi che ci segnala il team di Quartz, abbiamo nientemeno che filamenti di lampadine, coltelli, trapani e seghe, piombini da pesca, zavorre per auto di Formula 1, yacht e aeroplani, rivestimenti dell’interno dei reattori a fusione nucleare, proiettili e proiettili perforanti e – pensate – fedi nuziali antigraffio.

Nella breve storia del tungsteno che Quartz riassume in poche ma significative tappe, a cominciare dalla sua scoperta nel sedicesimo secolo, colpisce l’anno 2003, quando, ci dicono gli autori, la US Air Force propose “un’arma spaziale orbitante attorno alla Terra che lascerebbe cadere barre di tungsteno lunghe 6,1 metri così pesanti che atterrerebbero con la forza di una bomba nucleare”, ma senza fallout (che fortuna, eh), secondo il principio del cosiddetto “bombardamento cinetico”.

 

Indovinate un po’ chi se la comanda?

La maggior parte del tungsteno arriva dalla Cina. Ci sono le montagne Nanling, a sud, che ospitano circa la metà dei depositi mondiali di tungsteno. Ma la vera differenza, lo sappiamo, la fa la produzione: ok avere la risorsa, ma bisogna anche poterla estrarre, raffinare e compattare. Ed è così che nel 2020 proprio la Cina rappresentava circa l’85% dell’intera produzione globale.


“Le compagnie minerarie cinesi estraggono direttamente i minerali di tungsteno, ma producono anche tungsteno come sottoprodotto del processo di raffinazione dei metalli delle terre rare come il molibdeno”, si legge ancora nella newsletter quartziana.

Controllare la quasi totalità della produzione globale vuol dire avere l’ultima parola sui prezzi. Ed è la Cina, infatti, che fa il prezzo del tungsteno a livello planetario, tramite i limiti che pone alla produzione interna. “Quando mise un freno alla produzione e alle esportazioni nel 2010, i prezzi salirono alle stelle”, ricorda il team di Quartz.

“Dopo le controversie con l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Cina ha allentato le restrizioni alle esportazioni e aumentato la produzione, facendoli scendere”. Insomma, abbiamo capito chi se la comanda. Anche sul tungsteno.

 

Quanto senso ha comprarsi cubi di tungsteno?

Nessuno, a nostro modestissimo avviso. Vi abbiamo già parlato delle meme stock e del meme trading, con le varie cotte del momento che tanto in alto salgono per poi cadere precipitevolissimevolmente.

Ma il tungsteno è un metallo, e come tutti i metalli/minerali/materie prime – come tutti i beni utilizzati per produrre altri beni, anche noti come commodities – qualche possibilità di investimento la offre: non comprando il cubetto, ovviamente, ma magari mettendo in portafoglio qualche quota di quei veicoli d’investimento collettivo esposti in modo diversificato proprio alle commodities.

Solo ed esclusivamente a titolo di esempio, a ottobre VanEck ha quotato su Borsa Italiana due nuovi etf tematici, di cui uno è il VanEck Vectors™ Rare Earths and Strategic Metals UCITS, che vuole offrire agli investitori l’accesso a società che estraggono e lavorano le terre rare e i cosiddetti metalli strategici.

Al di là del prodotto in sé, quello degli etf può essere già un modo più sensato per esporsi al tungsteno e agli altri metalli. Sempre, naturalmente, nell’ottica di un portafoglio d’investimento adeguatamente diversificato. E parlandone con il proprio consulente.

 


 

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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