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Il rischio di non correre rischi: l’impatto dell’inflazione

In un momento in cui l’incertezza ha la meglio, la tentazione di “mettere al riparo” i propri risparmi in un rassicurante deposito può essere forte. Il problema è che i conti deposito – dove moltissimi risparmiatori italiani ed europei “parcheggiano” i loro soldi in attesa di tempi migliori in cui “arrischiarsi” sui mercati – non sono affatto una soluzione del tutto priva di rischi. Specialmente oggi, con l’inflazione che morde.

 

Un incentivo fiscale per investire in prodotti pensionistici

A lanciare un appello su questo tema è stata, in piena estate, Efama, la European fund and asset manager association – che in un report ha evidenziato come l’inflazione abbia un effetto devastante sui depositi bancari. E raccomanda agli Stati membri di predisporre uno specifico vantaggio fiscale per incoraggiare i risparmiatori a trasferire almeno una parte dei loro risparmi dai conti deposito a prodotti pensionistici, sia in un’unica soluzione sia con versamenti graduali.

Per fare in modo che lo spostamento avvenga in tempi brevi, il consiglio di Efama è di rendere l’incentivo fiscale limitato in una finestra di tempo, come parte di una più ampia campagna di sensibilizzazione sui costi derivanti dal tenere troppa liquidità sotto forma di depositi bancari.

Del resto, stando alle considerazioni di Efama, la quota media di ricchezza finanziaria detenuta sotto forma di depositi bancari dai risparmiatori europei è salita al 38,3% a fine 2021 – pari a circa 13.375 miliardi di dollari – dal 37% di fine 2016. La situazione naturalmente varia molto da Paese a Paese. In Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, per esempio, la quota media di ricchezza finanziaria parcheggiata sui conti deposito è inferiore al 20%.

Ma la percentuale schizza oltre il 70% in Bulgaria, Grecia, Polonia e Cipro. Una situazione che si riverbera sulla quota di risparmio destinata ai prodotti pensionistici, elevata nel primo gruppo di Paesi e piuttosto bassa nel secondo.

 

 

E l’Italia come si colloca in questa classifica?

Diciamo che la situazione qui da noi è una via di mezzo, con la quota di ricchezza finanziaria detenuta sui conti deposito che si attestava a fine 2021 al 41,3%, pari a circa 1.629 miliardi di euro.

“Uno degli obiettivi dell’Unione dei mercati dei capitali è incentivare le famiglie europee a utilizzare meglio i propri risparmi investendo sui mercati dei capitali”, si legge nello studio firmato Efama. Questo perché “i risparmi depositati in banca in un contesto di tassi d’interesse bassissimi tendono a perdere valore a causa dell’effetto erosivo dell’inflazione”.

 

Effetto inflazione: ecco un esempio tangibile

Un effetto che appare subito chiaro guardando al grafico qui sotto: il potere d’acquisto dei depositi bancari europei è sceso dai 10.321 miliardi di euro di fine 2016 ai 9.515 euro alla fine del 2021. Tenendo conto della stima della Commissione Europea della primavera 2022 sull’inflazione nell’Ue per l’anno in corso (6,8%), la perdita di potere d’acquisto raggiungerà i 1.412 miliardi di euro entro la fine del 2022, ovvero in media 2.779 euro per famiglia.

 

 

Un altro modo di considerare il problema è analizzare cosa sarebbe successo se le famiglie europee avessero ridotto la quota dei depositi al 25% alla fine del 2016, investendo l’eccedenza per metà in fondi obbligazionari Oicvm e per l’altra metà in fondi azionari Oicvm. I depositi bancari complessivi sarebbero quindi scesi da 10.321 miliardi di euro a 6.972 miliardi di euro nel 2016 e i restanti 3.349 miliardi sarebbero stati investiti sui mercati.

Efama ha analizzato le performance nette annuali in termini reali dei fondi azionari e obbligazionari Oicvm nel periodo 2017-2022 (assumendo per l’intero 2022 una performance media positiva pari alla perdita registrata nel primo semestre). Ebbene, in un simile scenario, la ricchezza finanziaria delle famiglie europee avrebbe potuto essere superiore di 711 miliardi di euro alla fine del 2022 (rispetto allo scenario attuale, con la ricchezza parcheggiata nei conti deposito).

 

Anche non rischiare è un rischio: ecco perché

Insomma, tenere i soldi fermi sui conti deposito non equivale sicuramente a non correre dei rischi. Anzi, proprio la tentazione di rimanere “in attesa” è essa stessa rischiosa, evidenzia Efama. Che rivolge un vero e proprio appello agli Stati membri dell’Ue, invitandoli ad agire per proteggere gli investitori al dettaglio dall’inflazione.

Il suggerimento è, come accennato, quello di prevedere un’agevolazione fiscale specifica per incoraggiare le persone a trasferire parte dei loro risparmi dai depositi bancari ai prodotti pensionistici personali, in particolare al prodotto pensionistico personale paneuropeo (Pepp).

Questo approccio trasformerebbe quello che attualmente è un problema – la perdita di reddito legata all’ingente quantità di risparmi detenuti nei depositi bancari in un contesto di inflazione crescente e tassi di interesse molto bassi – in un’opportunità unica per aumentare il rendimento potenziale dei risparmi delle persone e rafforzare il livello del loro reddito in pensione, evidenzia ancora Efama.

“Una soluzione di questo tipo contribuirebbe a realizzare l’obiettivo generale dell’Unione dei mercati dei capitali di rendere l’Ue un luogo ancora più sicuro per i risparmi e gli investimenti a lungo termine”, ha commentato in merito Bernard Delbecque, direttore senior di Efama. “Dovrebbe inoltre essere visto come una risposta politica concreta all’invecchiamento della popolazione e un’importante opportunità per promuovere i Pepp”.

 


 

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