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Investimenti green: cos’è e come funziona la tassonomia Ue

In principio fu il Green Deal, imponente piano di crescita europeo adottato con l’idea di migliorare il benessere e la salute dei cittadini arrivando al fatidico “impatto zero” (zero emissioni nette) entro il 2050 e proteggendo, conservando e migliorando il capitale naturale e la biodiversità.

Il Green Deal tracciò la rotta. Ma come percorrerla? Tra il dire e il fare in questo caso non c’è di mezzo il mare bensì la tassonomia Ue. E che è?

 

Tassonomia Ue: che cos’è e come funziona?

“Ma ‘ndo vai se la tassonomia non ce l’hai”, avrebbero potuto cantare due giganti del cinema italiano quali sono stati Alberto Sordi e Monica Vitti, recentemente scomparsa.

Stabilito l’obiettivo – un’Europa verde, verdissima – d’ora in avanti la tassonomia Ue darà il suo contributo per “migliorare i flussi monetari verso attività sostenibili in tutta l’Unione europea”, permettendo agli investitori di riorientare gli investimenti verso tecnologie e imprese più sostenibili”. Nella consapevolezza che ciò “sarà fondamentale per rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050”.

 

Tassonomia Ue, una mappa per il risparmio verde

La tassonomia Ue non c’entra niente con il mix energetico degli Stati membri: ognuno fa quello che vuole, fermo restando l’ambizioso obiettivo fissato per il 2050. E infatti sul Vecchio Continente abbiamo la Francia che si prepara ad accendere nuove centrali nucleari e la Germania che invece le ha spente tutte (Italia divisissima sul tema, come ormai da 36 anni a questa parte, ovvero dalla terribile notte di Chernobyl del 26 aprile 1986).

Si tratta infatti di “uno strumento di trasparenza basato su criteri scientifici destinato alle imprese e agli investitori”, in base al quale le aziende potranno definire quali, fra le loro attività economiche, siano sostenibili dal punto di vista ambientale.

Poi, è chiaro, non c’è una regola che imponga a noi investitori di indirizzare proprio là il nostro denaro. Ma l’idea è che, agli occhi di un’opinione pubblica sempre più attenta ai temi ambientali, le società che si posizionano nel perimetro della sostenibilità e della transizione green risultino più appetibili. E siano quindi premiate dai nostri investimenti.

Se il Green Deal prende forma e sostanza (anche) attraverso la tassonomia, la tassonomia prende corpo a sua volta attraverso i cosiddetti “atti delegati”. Uno dei quali è recentissimo: la sua pubblicazione risale al 2 febbraio e stabilisce che, ad alcune severe condizioni, anche gas e nucleare si possano considerare fonti energetiche atte ad agevolare la transizione verde (come richiesto dalla Francia, che sta appunto per attivare nuove centrali nucleari).

Superato il vaglio del Parlamento e del Consiglio Ue, questo atto si applicherà a partire da gennaio del prossimo anno.

 

 

Tassonomia Ue: cos’è che cambia per il risparmio?

L’abbiamo appena detto: l’Unione europea non impone un mix energetico agli Stati membri ma si limita a indicare l’obiettivo. Un po’ come darsi appuntamento in un posto e poi ognuno è libero di decidere se arrivarci a piedi, in bici, in treno o in auto. L’importante è arrivarci. Ma per incrementare le chance che tutti siano nel punto concordato alla data stabilita, c’è bisogno quantomeno di una “spinta gentile”.

E l’Ue la sta imprimendo non solo attraverso la tassonomia ma anche tramite tutta una serie di normative che intendono promuovere la trasparenza sul green, facendo leva sul desiderio degli investitori – anche i più piccoli, come noi – di ottenere un ritorno dai propri investimenti senza rinunciare a fare qualcosa per il pianeta.

Anche perché, arrivati a questo punto, remare contro il pianeta ha un costo pure per le aziende, e quindi di riflesso per tutti coloro che vi investono: pensiamo per esempio ai fenomeni meteorologici avversi divenuti più frequenti e devastanti con il progredire dei cambiamenti climatici.

In questo quadro, risale a pochi mesi fa l’applicazione del livello 1 del regolamento Ue sulla disclosure degli investimenti sostenibili, la Sfdr: la regolamentazione è entrata in vigore a marzo ma nel gennaio del 2023 diventerà più stringente, come ricorda Rodolfo Fracassi, amministratore delegato e co-fondatore di MainStreet Partner, sul numero 144 dell’Osservatorio Esg dell’Aiaf (l’Associazione italiana per l’analisi finanziaria).

 

La partita doppia della Sfdr e della tassonomia Ue

“Un numero sorprendentemente elevato di fondi si sta classificando come articolo 8 o 9 della Sfdr, dichiarando quindi di promuovere fattori Esg o addirittura di realizzare obiettivi di sostenibilità”, rileva Fracassi. Il che s’intreccia con la tassonomia. Il rispetto del relativo regolamento, infatti, “impegna l’azienda nella compilazione di report dettagliati, ma ciò comporta un’opportunità unica con molti vantaggi per le società che divulgano le informazioni”.

In che senso? Nel senso che “essere classificato come sostenibile ai sensi del regolamento sulla tassonomia rende la società più ‘investibile’, in particolare per i fondi con mandati sostenibili”, cresciuti in maniera significativa.

A fine 2020, gli investimenti sostenibili a livello globale hanno quasi raggiunto il 36% del totale degli asset investiti. E secondo una rilevazione di PWC sugli investimenti Esg, tra gli investitori istituzionali intervistati c’è un 77% che dice che smetterà di investire in prodotti non Esg nell’arco dei successivi 24 mesi. Soffia un vento nuovo, insomma.

In aggiunta, sottolinea ancora Fracassi, “la reportistica in linea con la tassonomia richiede al gestore non solo di fornire un dato sull’allineamento del proprio prodotto alla tassonomia Ue, ma anche di dar conto di quali siano i propri obiettivi di allineamento ex-ante alla stessa. Questo porterà a un rafforzato collegamento tra Sfdr e tassonomia europea, e tra metriche ex-ante ed ex-post”.

Riassumendo molto ma molto grezzamente con una nostra agile infografica:

 

 

La scacchiera dell’investimento verde si fa così un po’ più chiara. Non è cosa da poco.

 

Impatto avverso e Mifid II estesa alla sostenibilità

Il 2023, ricorda sempre Fracassi, sarà poi l’anno del varo della reportistica Pai, sul cosiddetto Principal adverse impact: servirà a misurare, tramite apposite metriche, i risultati extra-finanziari dei singoli portafogli e dei cosiddetti “market participant” (in estrema sintesi, i grandi investitori, i vari soggetti istituzionali e gli attori economici di rilievo).

Te la ricordi la Mifid II? Ebbene, anche questa direttiva si riscopre Esg. Dal 2 agosto, la profilatura Mifid II dei clienti finali “dovrà essere integrata riportando domande e considerazioni relative alle preferenze in ambito Esg, chiudendo così il cerchio tra domanda e offerta di prodotti e servizi finanziari sostenibili”.

 

Si apre una nuova era: quella del “Follow the (green) money”

Siamo insomma a un nuovo tornante della storia, superato il quale Esg non sarà più solo un’etichetta (spesso anche un pochino fumosa) ma una precisa caratteristica, quantitativamente misurabile, di investimenti e prodotti finanziari. Un po’ come peso e altezza, ecco.

Per dirla con Fracassi, che nell’Osservatorio usa parole molto efficaci a riguardo, un tempo si misurava solo il rendimento, poi il rendimento aggiustato per il rischio, e oggi a questo si aggiunge la dimensione di rendimento e rischio Esg.

“Insomma, gestire al meglio i portafogli di investimento e generare una performance finanziaria positiva vorrà sempre più dire ‘Follow the (green) money’”. Tutte le premesse sembrano andare in questa direzione. Aspettiamo e stiamo a vedere.

 

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Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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