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Perchè gli economisti non riescono a prevedere la fine della crisi

La straordinaria complessità dello scenario in cui viviamo ci porta spesso ad affidarci a tecnici o specialisti: economisti nella fattispecie.

Negli ultimi anni, così turbolenti, una moltitudine di economisti più o meno titolati si sono cimentati in saggi, articoli o interi libri sulla crisi e su come analizzarla. Molte di queste opere sono davvero interessanti, se proprio dovessi consigliarvene uno direi “Questa volta è diverso – otto secoli di follia finanziaria” – di Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff.

Quando però si prova a spostare lo sguardo dall’analisi di quanto è già accaduto per provare a guardare “cosa ci riserva il futuro” e soprattutto a rispondere alla domanda che angoscia tutti, ovvero “quanto durerà ancora la crisi?” la sicurezza degli accademici e degli esperti comincia a vacillare.

Inferire dalla storia passata è un gioco molto pericoloso, in particolar modo nell’attuale realtà, caratterizzata dalla possibilità di immediata e amplificata interazione tra le persone grazie ai media e al web.

Mi sono imbattuta recentemente in un articolo molto interessante di Robert Shiller che affronta proprio questo tema. Assumendo che non tutti abbiano voglia di leggerlo (anche se ne vale la pena), ne riassumo di seguito i contenuti principali.

Shiller fa correttamente il punto sulla dificoltà di effettuare previsioni economiche affidabili in situazioni come quella attuale, in cui il rallentamento dell’economia è largamente dipendente da fattori di natura psicologica e sociologica: come le oscillazioni della fiducia e l’estrema variabilità dei cosiddetti “animal spirits”.

Credo che ciascuno di noi, anche se non ha sofferto in modo diretto le conseguenze della crisi, abbia sperimentato su se stesso la sensazione di aver poca voglia di far shopping o di comprare un altro orpello superfluo (chiaramente è esclusa la gamma Apple).

Come si fa ad aver voglia di spendere in un momento così? E se magari domani andasse  anche peggio? Ritengo che per molti la revisione delle abitudini di consumo durerà più a lungo della crisi economica il che, in taluni casi, potrebbe avere anche delle implicazioni positive nel liberarci dall’ossessione consumistica che ci ha condizionato negli ultimi 20-30 anni.

Molti economisti di spicco, prosegue Shiller, affrontano le previsioni economiche con grande cautela, a partire dallo stesso OCSE che il 6 settembre ha pubblicato le sue previsioni sullo scenario a breve termine, premettendo che quanto delineato è suscettibile di rilevanti incertezze.

Il punto è proprio questo: buona parte dei modelli economici sono stati pensati per tempi “normali”. Ma se ripensiamo al passato recente, anche a quello in cui la crisi già imperversava, ci vengono in mente non numeri o misure economiche, ma “storie”. Ad esempio quella della crisi greca, da cui sembra che i nostri guai abbiano avuto inizio. Un paese di soli 11 milioni di abitanti, il cui “collasso” sta mettendo in ginocchio l’area più ricca del pianeta e, almeno potenzialmente, l’intera economia mondiale.

Ricordate? In Grecia nel 2008 i media riportano le prime proteste della gente in seguito alla proposta, da parte del governo, di innalzare l’età pensionabile (per altro in modo modesto) per arginare il buco di bilancio.

Proviamo a capire perchè gli economisti non sono in grado di prevedere il futuro e perchè l’economia dipende da fattori psicologici e sociologici.

Gli occhi del mondo cominciano a voltarsi verso questo piccolo paese mediterraneo, finché questa curiosità diventa una vera e propria Grecia-mania a fine 2009, quando i tassi sul debito greco cominciano a lievitare causando ulteriori problemi per il governo ellenico. Da lì un tam tam di attenzione, immagini di tafferugli, sentimenti sempre più negativi (“per quegli spendaccioni di greci che hanno mandato in dissesto le finanze pubbliche…”).

La palla di neve è già una valanga, complice la paura e la colpevole trascuratezza nel trovare una soluzione da parte delle istituzioni. Il velo di Maya si alza su altri paesi europei la cui situazione finanziaria non è proprio florida e l’effetto paura-contagio comincia a dilagare, tutto questo con variazioni fino ad allora assai limitate dei numeri macroeconomici dei paesi stessi.

Dall’estate del 2011 la tragedia greca ha portato la parola spread alle orecchie di quasi tutti. Il fatidico differenziale con i titoli di stato tedeschi è diventato il termometro della paura e della sfiducia, capace addirittura di far cadere il Governo Berlusconi a novembre.

Quello della fiducia e delle sue interessanti dinamiche è un tema caro a noi di Advise Only che, dell’importanza del “fattore F” ne avevamo già parlato.

I numeri drammatici che narrano l’evolversi di questa crisi sono sotto gli occhi di tutti: la contrazione del PIL in atto in Europa o l’inquietante numero di disoccupati, specialmente tra i giovani, solo per citarne due. Tuttavia per noi Italiani resta la storia “personalizzata” che ha per protagonisti “meridionali” spendaccioni, signore tedesche potenti ed arroganti e governatori di banche centrali che assomigliano a cavalieri coraggiosi pronti a sacrificarsi per salvare il mondo.

Per quanto i modelli economici ci diano sicurezza, restiamo di carne e ossa: la psiche umana immagazzina “storie”. Storie di persone – meglio se corredate da immagini – proteste, sofferenze… tutto ciò comporta inevitabili valutazioni morali, che “ci prendono” molto più di un freddo modello statistico.

Speriamo solo che questa storia abbia – presto – un lieto fine.

Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

Ultimi commenti
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    Come diceva Warren Buffet, se tutto quello che bisogna conoscere è il passato, le persone più ricche sarebbero i bibliotecari

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    E’molto interessante questo affresco dello status quo.
    Sarebbe altresì interessante conoscere il parere di un qualche “animal spirit” su che cosa si potrebbe almeno provare a fare per tentare di uscire dalla crisi. Sarà pure rimasto da qualche parte del pianeta un esemplare con qualche ricetta semplice. Per esempio, pure ipotesi accademica: cosa succederebbe se nell’area occidentale Europa-USA, si votasse solo ogni 5 anni e tutti nelle medesima settimana? Cosa succederebbe se ci fosse un’agenzia di rating indipendente formata da un economista rappresentante di ogni nazione?Cosa succederebbe se l’Europa avesse un unico ministro della difesa?

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    La soluzione alla crisi c’e’, eccome se c’e’! Ed e’ pure semplice ed immediata.Si chiama MEMMT! Purtroppo va contro gli interessi dei pochi, delle élite, dei poteri forti, ed è’ per questo che continuano a raccontarci che la terra e’ piatta ed il sole ruota intorno ad essa!

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