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#SaveTheEarth: le potenze mondiali si sfidano a suon di promesse

La lotta al cambiamento climatico e la corsa al taglio delle emissioni di gas serra riescono per una volta a mettere d’accordo la politica internazionale. Paesi come Usa, Cina e Russia, tra cui al momento non corre propriamente buon sangue, hanno messo da parte per qualche ora le loro divergenze e si sono riuniti – anche se solo virtualmente – in occasione della giornata della Terra del 22 aprile (il tema di quest’anno è “Restore Our Earth”) per ribadire il proprio impegno a salvare il Pianeta.

A convocare il summit sul clima, a cui hanno preso parte 40 capi di Stato e di governo, è stato il presidente statunitense Joe Biden, in un’iniziativa che già da sola segna una decisa inversione di rotta in tema di tutela dell’ambiente rispetto al suo predecessore Donald Trump.

 

Summit sul clima: Biden protagonista

Il presidente Usa ha promesso che, entro il 2030, il Paese ridurrà le proprie emissioni di gas serra del 50-52% rispetto ai livelli del 2005. In pratica, Biden ha raddoppiato l’impegno di Barack Obama, che puntava a ridurre le emissioni del 25-28% entro il 2025. Gli Stati Uniti, tra l’altro, sono ancora lontani anche dal raggiungimento di quest’ultimo obiettivo, specialmente dopo i passi indietro compiuti sotto la guida di Trump: l’ex inquilino della Casa Bianca, lo ricordiamo, aveva fatto uscire il Paese dall’accordo di Parigi (decisione poi annullata da Biden) e reintrodotto numerose norme che favorivano l’estrazione di combustibili fossili. Alzando l’asticella sul taglio delle emissioni, il neo presidente americano non solo ha affermato la sua intenzione di mettere la lotta al cambiamento climatico in cima alle priorità di una super potenza come gli Stati Uniti, ma ha anche dato il via a una vera e propria “sfida” tra Paesi a chi fissa gli obiettivi più ambiziosi.
 

Cosa ne pensano Cina, Europa e Giappone?

Il presidente cinese Xi Jinping ha precisato che quello dell’ambiente è un terreno su cui Pechino “intende collaborare con gli Usa” in un momento in cui le relazioni sono complicate. E ha promesso che la Cina, attualmente il primo Paese per emissioni totali di gas serra, raggiungerà il proprio picco di emissioni nel 2030, per poi arrivare entro il 2060 alla neutralità carbonica (con dieci anni di ritardo rispetto alle altre grandi potenze mondiali), ovvero la condizione in cui per ogni tonnellata di gas serra che si diffonde nell’atmosfera se ne rimuove altrettanta.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha ricordato l’accordo appena raggiunto dai 27 partner: riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, partendo dai valori del 1990, con l’obiettivo di arrivare alla neutralità nel 2050.

Il primo ministro giapponese Yoshihide Suga ha annunciato l’impegno a ridurre le emissioni del 46% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2013 (in precedenza aveva promesso una riduzione del 26%), mentre il primo ministro del Canada Justin Trudeau ha detto che, sempre entro il 2030, vuole ridurre le proprie emissioni del 40-45% rispetto ai livelli del 2005.
 

 

Draghi, da Pnrr 70 miliardi di euro per la sostenibilità

Anche il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi è intervenuto al summit virtuale dicendo che “l’Italia è un Paese bello ma fragile” e che la lotta al cambiamento climatico “è una lotta per la nostra storia e per i nostri paesaggi”.
In Europa, ha proseguito Draghi, “abbiamo lanciato un piano comune da 750 miliardi di euro, quello che abbiamo chiamato Next Generation Eu. Uno dei suoi obiettivi è sostenere la transizione ambientale in Europa e rendere l’Ue a emissioni zero entro il 2050. Circa il 10% di esso, circa 70 miliardi di euro, andrà in investimenti in infrastrutture verdi, economia circolare e mobilità sostenibile solo in Italia”.
Quest’anno, ha aggiunto l’ex numero uno della Bce, l’Italia “detiene la presidenza del G20 e la salvaguardia del nostro pianeta è uno degli obiettivi principali del nostro programma. I paesi del G20 rappresentano il 75% delle emissioni globali. Abbiamo una responsabilità speciale nel garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Dobbiamo invertire la rotta e farlo subito, per non avere dei rimpianti dopo”.

 

Gara al rilancio: le promesse sono realizzabili?

Questa “gara di promesse”, va detto, ha un sapore decisamente politico. Come scrive Internazionale, il punto è che “nessuno vuole essere accusato di bloccare o rallentare gli sforzi internazionali contro il cambiamento climatico”. Del resto, lo stesso vertice dei leader arriva un po’ a sorpresa: non era previsto nel calendario ufficiale delle relazioni internazionali, specialmente in un anno in cui gli Stati Uniti non hanno né la guida del G7 o del G20 né quella della Cop 26, la Conferenza Onu sull’ambiente. È dunque un’iniziativa di Biden, che ci tiene a rimarcare il cambio di passo rispetto a Trump. In ogni caso, che si tratti o meno di uno “sfoggio di bravura” o di un tentativo di non sfigurare, lo sforzo collettivo non può che andare a vantaggio del Pianeta, e questo è sicuramente un bene. Certo, bisognerà vedere se alle promesse seguiranno i fatti.
Intanto, è già arrivato il commento poco soddisfatto dell’attivista svedese Greta Thunberg, secondo cui gli obiettivi che i leader mondiali si sono dati sono largamente insufficienti. “Non possiamo accontentarci di qualcosa solo perché è meglio di niente”, ha detto.

 


 

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La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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