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Tra alti e bassi, nel 2022 l’oro ha tenuto (ma non ha brillato)

Il 2022 è stato un anno piuttosto difficile sui mercati: l’aumento dell’inflazione, la crisi energetica e le tensioni globali hanno tenuto tutti sulle spine. Ma non solo: l’anno appena trascorso è stato uno dei peggiori dell’epoca recente per l’S&P 500 e per il Nasdaq, come vi abbiamo raccontato nel nostro riassunto mensile.

L’azionario, lo sappiamo, è l’asset class che può dare più soddisfazione in termini di performance. Ma è anche quella da cui si tende a fuggire quando le cose si mettono male. Fuggire verso dove? Ma è chiaro: verso i cosiddetti “beni rifugio”.

E il bene rifugio per eccellenza è l’oro. Ci siamo quindi chiesti: com’è stato il 2022 del metallo giallo?

 

All’oro è andata meglio che ad altri

La performance dell’oro nel 2022 è stata oggetto di dibattito tra gli esperti e gli analisti: il metallo prezioso ha infatti affrontato tutta una serie di sfide che hanno messo alla prova il suo ruolo di bene rifugio e di copertura contro l’inflazione.

Dati alla mano, però, nell’anno il metallo prezioso ha sovraperformato la maggior parte delle principali asset class, proprio in scia alle tensioni geopolitiche e all’inflazione elevata, oltre che al suo persistente appeal globale. E nonostante vari fattori, come un dollaro Usa forte, abbiano influito negativamente sulla sua performance.

Scorrendo il 2022, il primo momento a cui prestare attenzione è l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che nel primo trimestre dell’anno ha portato il metallo giallo a raggiungere un massimo di 2.053 dollari l’oncia.

Questa impennata dei prezzi ha rappresentato un aumento del 13% rispetto al valore iniziale di gennaio, ma è stata di breve durata, dal momento che l’oro è tornato sui 1.939 dollari entro la fine del primo trimestre.

 

 

Un altro episodio rilevante ci porta nel terzo trimestre, quando il contesto generale e l’impennata del dollaro hanno spinto il metallo giallo a toccare i minimi, a quota 1.691 dollari.

Da qui è partita la ripresa, con una chiusura d’anno in una buona accelerazione: dall’inizio di novembre, infatti, i prezzi hanno registrato un rialzo generale. Un rialzo dovuto alle turbolenze dei mercati, alle crescenti aspettative di recessione e all’aumento degli acquisti da parte delle banche centrali, che hanno sostenuto la domanda.

A fine 2022 l’oro ha chiuso con un risultato nel complesso stabile, in un anno nel quale – come fa notare il World Gold Council nel suo commento sul mercato – i rendimenti reali (Tip a 10 anni) sono aumentati di 250 punti base e il dollaro è salito di oltre l’8%.

 

 

Etf sull’oro: deflussi per 3 miliardi di dollari nel 2022

Nell’oro, lo sappiamo, si può investire mediante etf. Ebbene, gli etf fisici sull’oro hanno registrato deflussi per 3 miliardi di dollari nell’anno, pari a un calo delle partecipazioni di 110 tonnellate (-3% su base annua).

Questo dato, sempre del World Gold Council, riflette un anno interessante per gli etf sul metallo prezioso: la domanda ha registrato un’impennata nei primi quattro mesi, quando il rischio geopolitico era al centro dell’attenzione, per poi perdere punti nel momento in cui l’aggressivo rialzo dei tassi ha iniziato a dominare la narrazione.

Alla fine del 2022, le masse gestite dagli etf sull’oro a livello mondiale (i cosiddetti “aum”, asset under management) ammontavano a 203 miliardi di dollari (3.473 tonnellate).

 

 

Come investire in materie prime?

Le materie prime sono spesso trascurate come componente di un portafoglio d’investimento, in quanto generalmente i consulenti finanziari raccomandano allocazioni in più classiche azioni e obbligazioni (o in fondi che detengono queste due classi di attività).

Tuttavia, le commodities possono offrire un’ulteriore diversificazione per i portafogli, pur con tutte le accortezze del caso.

 


 

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