Da modesti “sherpa”, ci permettiamo di sottolineare come nel dibattito sull’atteso, prossimo Quantitative Easing (QE) della Bce, due siano i punti chiave:
- quali titoli comprerà la Bce?
- chi venderà i titoli che ha in portafoglio la Bce?
Le azioni relative a questi due punti diranno che tipo di QE sarà attuato dalla BCE.
1. Quali titoli comprerà la Bce?
Saranno titoli AAA o BBB?
La qualità dei titoli che saranno oggetto dell’acquisto BCE non è elemento secondario per capire che tipo di bilancio la BCE avrà dopo la misura di QE. Più alto il rating dei titoli acquistati, maggiore solidità del bilancio ma minore liquidità sui mercati “periferici”? Passiamo al punto successivo.
2. Chi venderà i titoli che ha in portafoglio alla Bce?
I venditori dovrebbero (tempo: condizionale) essere banche commerciali dei singoli paesi.
La legge-di-Bazzica indurrebbe a dire che i titoli AAA sono detenuti da banche di paesi AAA, e titoli BBB da banche di paesi BBB; se la BCE deciderà di comprare titoli AAA, ne beneficeranno le banche dei paesi AAA che potranno (rectius: potrebbero) utilizzare la liquidità derivante dalla vendita per finanziare le imprese e i consumatori dei paesi AAA; ragionamento analogo e speculare, nel caso BBB.
Ne deriverebbe che la decisione sul punto 1. sarà assai rilevante per comprendere la politica di credito, economica, di supporto alle economie europee. La BCE adotterà sicuramente un “cut-off-criterium” per l’identificazione del rating minimo accettabile: “chi c’è, chi non c’è, non c’è…”; altrettanto chiaro che una Bundesbank tiri a vedere oggetto del QE titoli di rating superiore, che una Banca centrale spagnola e una Banca d’Italia tirino in direzione opposta…
Super-Mario si dibatte in questo dilemma, e speriamo che non finisca come una nave scossa fra Scilla e Cariddi con le note conseguenze funeree.
Il QE non dovrebbe – se mai le considerazioni precedenti fossero corrette (gli sherpa spesso sono dileggiati e solo tardivamente riabilitati) – avere un impatto sul debito dei singoli paesi, perché la BCE non andrà a ridurre il debito pubblico dei singoli paesi[i], ma andrà a “scambiare” la natura degli “asset” delle banche, che passerebbero da titoli di stato a liquidità e, si spera, a crediti ad imprese e consumatori.
Lasciateci dubitare che si possa assistere a una replica della commedia shakespeariana “Molto rumore per nulla“.
[i] Una riduzione del debito dei singoli paesi avverrebbe solo attraverso il riacquisto del debito stesso da parte dei singoli paesi; in alternativa, un cut-off del debito stesso in seguito a un default dei singoli paesi che porterebbe ad un write-off del valore facciale del debito detenuto dagli investitori: per chiarire il concetto di chi abbia “il cerino in mano”, si ricordi che per l’Italia circa il 70% degli investitori sono nazionali, quando erano meno del 45% prima della crisi finanziaria del 2008.