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Btp, debito, energia, crescita: finisce l’era Draghi ma non gli affanni dell’Italia

Dicono che quando sei dentro una situazione, sei troppo coinvolto e quindi meno capace di giudicarla con la dovuta lucidità. Questa mattina, nel giorno 1 dopo la fine dei 18 mesi di governo Draghi, lasciamo quindi volentieri la parola agli esperti di Danske Bank, banca danese dei cui report noi di AdviseOnly siamo da tempo avidi lettori.

Stamane, com’era abbastanza prevedibile, il report era dedicato all’ennesima crisi di governo italiana. Un’esperienza alla quale il Paese non è affatto nuovo – non si contano tutte quelle che ha attraversato nella sua lunga storia repubblicana – ma che, come scrivono gli analisti di Danske Bank, “non poteva arrivare in un momento peggiore”.

 

“Sebbene l’Italia abbia una tradizione di ricorrenti turbolenze politiche, la crisi di governo non poteva arrivare in un momento peggiore. L’economia ha perso slancio alla fine del secondo trimestre e la siccità sta mettendo a rischio un terzo della produzione agricola. La rinnovata incertezza politica, unita all’inasprimento delle condizioni finanziarie e al persistere di un’inflazione elevata, rischia di pesare ulteriormente su investimenti e consumi”.

 

E attenzione: non dimentichiamoci lo spettro della crisi energetica che si aggira per l’Europa.

 

Crisi di governo e crisi energetica

Vi ricordate quando, qualche giorno fa, vi abbiamo parlato di Gazprom che aveva chiuso per “manutenzione” Nord Stream 1? Ebbene, pare che l’abbia riaperto, per quanto al momento non pompi flussi pazzeschi. “Fiù”, direte voi tirando un sospiro di sollievo. Ma per quanto tempo durerà?

Mosca, infatti, potrebbe decidere di pigiare il bottone rosso dello stop da un momento all’altro, come ritorsione per le sanzioni europee introdotte in risposta all’aggressione all’Ucraina.

“Nonostante i recenti sforzi di diversificazione”, ricordano gli esperti di Danske Bank, “la Russia fornisce ancora il 25% del gas italiano (in calo rispetto al 40% di inizio anno) e un taglio completo del gas russo potrebbe portare a un calo del Prodotto interno lordo del 2-3% l’anno prossimo (secondo le stime di Banca d’Italia e Fondo monetario internazionale)”.

 

 

Crisi di governo: cosa succede adesso

“Nel complesso”, scrivono gli analisti nel loro report, “vediamo aumentare il rischio di recessione per la seconda metà dell’anno. La crisi politica ha ripercussioni negative anche sulle prospettive di crescita a lungo termine dell’Italia, dal momento che l’attuazione delle riforme strutturali probabilmente subirà un rallentamento, mettendo a rischio, nel peggiore dei casi, la prosecuzione degli esborsi dei fondi di Next Generation Eu”.

Tra parentesi: da questo fronte dovrebbero arrivare ancora 145,5 miliardi di euro, ancora in sospeso. Non proprio noccioline, diciamo. Ci farebbero molto comodo, aggiungiamo anche.

Anche perché poi c’è anche tutto il tema dei nostri travagliati conti pubblici. “Una nuova impennata dei rendimenti potrebbe riaccendere i timori del mercato su un’incombente crisi del debito italiano”, ci dicono questa mattina gli esperti di Danske Bank.

Al momento, il rapporto debito/Pil è al 150% e il ministero delle Finanze italiano e la Commissione Ue prevedono che l’Italia raggiunga un avanzo primario non prima del 2025. Per il momento c’è di buono che i fondi che raccogliamo sul mercato tramite le nostre emissioni obbligazionarie hanno ancora un costo inferiore ai livelli visti durante la crisi dell’Eurozona o la crisi di governo del 2018/2019.

Ma attenzione: potrebbe non volerci molto, in termini di aumento dei rendimenti, per portare il rapporto debito/Pil su una pericolosa traiettoria ascendente, soprattutto se la crescita potenziale rimane stagnante, sottolineano gli esperti danesi.
 

 

Verso elezioni anticipate (nella stagione del bilancio)

Detto questo, si legge ancora nel report, “il Paese è riuscito ad allungare la scadenza media del suo debito in essere a circa 7,7 anni, dando almeno un po’ di respiro per affrontare le dinamiche avverse del debito pubblico, prima che il rischio di rollover diventi un problema”.

Noi, qui, non ci occupiamo di politica (non è la nostra materia), ma a puro titolo di cronaca ci limitiamo a riportare quello che del resto già sapete: la prospettiva è ora quella di elezioni anticipate, la data è il 25 settembre. I tempi sono serratissimi e anche qui la concomitanza degli eventi non aiuta: è proprio quello il periodo dell’anno nel quale si apre la stagione del bilancio, durante la quale si costruisce l’apposita legge per l’anno a venire.

Sondaggi alla mano, la responsabilità sarà con tutta probabilità nelle mani di un governo di centrodestra a trazione Fratelli d’Italia, in un contesto in cui le recenti modifiche costituzionali ridurranno di un terzo i seggi di Camera e Senato a partire dalla prossima legislatura. Dal 2018 abbiamo tutti avuto modo di conoscere i Fratelli d’Italia di lotta: ma come saranno i Fratelli d’Italia di governo? Più o meno anti-euro? Più o meno anti-Ue? Non sono domande banali, e vi spieghiamo subito perché.

 

Il nodo dei rapporti con l’Europa (e con la Bce)

Come vi dicevamo qualche giorno fa, i mercati – che poi è come dire i grandi investitori – non hanno colore politico: hanno convenienze, questo sì. A loro, tendenzialmente, convengono stabilità e certezze, e sulla base di quelle si muovono. In un senso o nell’altro, a volte più o meno spregiudicatamente.

L’attuale situazione, nella quale si scorge ben poca stabilità e assolutamente pochissime certezze, lascia presagire “un’ulteriore sottoperformance dei titoli di Stato italiani e dell’euro”. Ecco perché gli analisti di Danske Bank vedono “la possibilità che gli spread Btp-Bund si allarghino a 250-260 punti base”. Ma, aggiungono, “ci aspettiamo che rimangano al di sotto dei livelli di crisi del 2018/2019, dato che l’euroscetticismo si è attenuato”.

E la chiave è appunto questa: quanto sarà euroscettico il prossimo governo? Da questo dipenderà anche la serenità dei rapporti con la Banca centrale europea, che proprio oggi annuncia l’aumento dei tassi d’interesse e maggiori dettagli sullo scudo anti-frammentazione (strumento pensato proprio per Paesi fragili come l’Italia).

Tuttavia, “l’acquisto di obbligazioni nell’ambito del nuovo Transmission Protection Mechanism sarebbe ancora legato a una serie di condizioni. Dubitiamo che la Bce voglia limitare l’allargamento degli spread se questo allargamento riflette un calo delle prospettive di crescita e un aumento delle vulnerabilità fiscali, soprattutto se la situazione politica dovesse diventare più ostile all’Ue”.

Insomma, va bene dare una mano. Ma le castagne dal fuoco te le devi togliere da sola, cara Italia. E, possibilmente, senza voltare le spalle alla casa comune europea.

Staremo a vedere.

 


 

Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

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